LA SENTENZA

La Cassazione dà ragione ai rider: “Sono lavoratori dipendenti”

Respinto il ricorso di Foodinho (ex Foodora). Ai ciclofattorini vanno applicate le tutele del lavoro subordinato, come previsto dal Jobs Act, nella forma “ibrida” delle “collaborazioni organizzate dal committente”

Pubblicato il 24 Gen 2020

riders

I rider sono lavoratori subordinati. Lo stabilisce una sentenza della Corte di Cassazione che respinto il ricorso avanzato da Foodinho, (ex Foodora) contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Torino aveva riconosciuto a 5 ex rider parità economica rispetto ai lavoratori subordinati del settore della logistica, con tredicesima, ferie e malattie pagate.

“Al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni” individuate nell’articolo 2, comma 1, del Jobs Act, “la legge ricollega imperativamente l’applicazione della disciplina della subordinazione“, si legge nella sentenza depositata oggi dalla sezione lavoro, di cui è relatore il giudice Guido Raimondi, ex presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo.

“Non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell’autonomia – osserva la Suprema Corte – perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha statuito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina”.

Il legislatore, ricorda la Corte, “ha stabilito che quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio della applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato”.

Una scelta, questa, scrive la Cassazione, “per tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di debolezza economica, operanti in una zona grigia tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea”. Anche il decreto 101 del 2019, sottolineano i giudici – non applicabile al caso in esame che è antecedente – “va nel senso di rendere più facile l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato”.

Secondo la Corte, inoltre, “si deve ritenere che possa essere ravvisata etero-organizzazione rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina della subordinazione anche quando il committente si limiti a determinare unilateralmente il quando e il dove della prestazione personale e continuativa”.

In primo grado il tribunale del lavoro di Torino aveva bocciato causa dei 5 riders in cui rivendicavano tutele e salario come lavoratori dipendenti. La Corte d’Appello aveva i seguito accolto, in parte, il ricorso sostenendo che esiste una terza tipologia di lavoratori autonomi a cui, però, vanno però riconosciuti il salario e le tutele dei lavoratori del comparto della logistica. Contro la sentenza di appello era ricorsa l’azienda, appellandosi alla Cassazione dove i giudici hanno riconosciuto i rider dipendenti.

“I riders devono avere le stesse tutele dei lavoratori subordinati – commenta la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti – Accogliamo con favore la sentenza della Cassazione che lo conferma, respingendo il ricorso della piattaforma di Food Delivery Foodinho. Il sistema delle multinazionali del Food Delivery non puo’ piu’ nascondersi dietro il falso mito del ‘nuovo’ lavoro e della completa autonomia della prestazione”.

“Come sosteniamo da sempre con le nostre Categorie – continua Scacchetti – i contratti collettivi nazionali, a partire da quello della logistica, devono diventare lo strumento di regolazione del settore”.

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