Con il decreto 23 dicembre 2015 arriva la nuova CIE, che conterrà anche i dati relativi alle nostre impronte digitali. Tuttavia, conoscendo i precedenti riguardanti la sperimentazione della CIE, iniziata da quasi vent’anni, e vista la sua diffusione ancora “a macchia di leopardo”, ci si chiede se sia stata fatta realmente un’attenta valutazione circa l’opportunità di emettere questo nuovo documento elettronico e a chi la nuova CIE sia effettivamente utile, considerando che finora i cittadini a cui è stata rilasciata (con un costo non proprio esiguo, considerando che non si tratta di un bene voluttuario) non hanno neanche potuto apprezzarne l’utilità, attesa l’imbarazzante carenza di servizi predisposti per l’accesso e l’autenticazione mediante CIE, previsti dall’art. 64 del CAD.
Senza considerare, poi, che presto l’autenticazione ai servizi della PA tramite CIE dovrebbe essere soppiantata dall’autenticazione tramite SPID, per cui il relativo codice PIN che viene assegnato con la CIE finirà per essere utilizzato dai cittadini soltanto per il rilascio di un’identità SPID. Risulta singolare la scelta di procedere con il rilascio del nuovo documento elettronico a partire dai Comuni che già rilasciano la CIE , anziché prevedere di colmare il divario esistente con i Comuni che ancora rilasciano la cartacea. Anche in merito alle tempistiche di diffusione si notano delle incongruenze: in effetti i tempi per l’avvio del processo di rilascio della nuova CIE, per i Comuni che non la erogano ancora, dovranno essere definiti in futuro in un piano predisposto da una Commissione interministeriale creata ad hoc e – rendendo sempre meno chiaro e veloce il processo – nel decreto non è previsto alcun termine per la predisposizione di questo piano.
Così facendo, dunque, si continua a rallentare la regolare diffusione della Carta d’identità elettronica su tutto il territorio italiano. Come già accennato, poi, l’elemento peculiare della nuova CIE è rappresentato dal dato biometrico che verrà acquisito per il rilascio della stessa. L’Amministrazione interessata avrà il compito di recepire determinate informazioni del cittadino richiedente, tra cui: a) elementi biometrici primari, ossia l’immagine del volto del titolare della CIE; b) elementi biometrici secondari, ossia l’immagine delle impronte digitali del titolare della CIE; c) firma autografa nei casi previsti; d) dato relativo all’autorizzazione o meno all’espatrio; e) dato facoltativo relativo alla volontà di donazione o diniego di organi e/o di tessuti; f) eventuali indirizzi di recapito della CIE o di contatto del richiedente per ricevere comunicazioni inerenti allo stato di avanzamento della pratica di rilascio della CIE. In conclusione, non resta che chiedersi a chi giovi l’introduzione di questo nuovo documento elettronico.
È stato davvero opportuno stanziare ingenti investimenti (l’art. 10 del DL 78/2015 prevede la spesa di “59,5 milioni di euro per l’anno 2015, di 8 milioni di euro l’anno 2016 e di 62,5 milioni di euro, ogni cinque anni, a decorrere dall’anno 2020 e, per le attività di gestione, di 2,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016”) per l’emissione di questa nuova CIE? Non resta che sperare che almeno vengano implementati anche i servizi a cui i cittadini possono accedere tramite la CIE – o lo SPID -, dotando anche i Comuni italiani delle risorse necessarie, per arrivare a quel digital improvement di cui il nostro Paese ha bisogno ormai da molto tempo.