Le banche affogano sotto montagne di carte e documenti. Ogni anno
si producono in media 120mila documenti per sportello bancario per
un totale di 6,1 miliardi di fogli. Sul totale dei documenti
prodotti solo il 6,6% fa riferimento a documenti ‘nativi’
informatici ossia generati esclusivamente in formato elettronico e
stampati solo in caso di necessità. Eppure la digitalizzazione
sortirebbe una riduzione dei costi e a un miglioramento
dell’efficienza.
Domenico Santececca, direttore centrale area corporate
dell’Abi non ha dubbi sui vantaggi derivanti dalla
partita digitale. “Far convivere carta e documenti elettronici
grazie alla dematerializzazione di pratiche e certificati vuol dire
abbattere i costi e migliorare la gestione documentale, rendendo
più efficiente l’operatività delle banche”, spiega al
Corriere delle Comunicazioni.
Direttore, quanta carta si consuma in banca?
Quello bancario è uno dei comparti produttivi più legati alla
carta, sia per la produzione di documenti che per la loro
conservazione.
E allora come mai la dematerializzazione stenta a
decollare?
Eliminare la carta è un processo complesso che deve far fronte a
molte criticità: ridefinire il ciclo di vita del documento,
formare i dipendenti all’utilizzo di nuove procedure, gestire una
grande varietà di documenti, sensibilizzare i clienti che
quotidianamente dialogano con le banche. Fino alle recenti
evoluzioni, tuttavia, il principale freno alla dematerializzazione
è stato il quadro normativo molto oneroso in termini procedurali e
in alcuni casi di difficile interpretazione.
Come crede evolverà questo fenomeno nei prossimi
anni?
La dematerializzazione procederà lungo due direttrici:
digitalizzare i documenti esistenti, ottimizzando la coesistenza di
elettronico e cartaceo, e definire soluzioni specifiche per ridurre
la produzione di carta a vantaggio di documenti solo digitali.
Quest’ultima strada è certo più complessa da percorrere e
richiederà ingenti investimenti delle banche con risultati
tangibili solo nel medio-lungo termine.
L’esempio della Banca d’Italia sarà di stimolo a
velocizzare questi processi?
Nel cammino verso la dematerializzazione di documenti e processi,
la Banca d’Italia occupa certamente un ruolo di primo piano. Più
in generale, ho fiducia che le banche sapranno sfruttare al meglio
le opportunità tecnologiche per ridurre l’uso della carta sia al
loro interno che nella relazione con i clienti. In questa
direzione, incentivando l’offerta di servizi innovativi e la
diffusione di strumenti di pagamento elettronici, anche la Sepa
può rappresentare un contributo alla riduzione della carta, mentre
un aiuto fondamentale può venire dalla fatturazione elettronica
supportata dal Cbi, che mette a disposizione delle oltre 740 mila
imprese aderenti nuove funzioni ancora più evolute di gestione
documentale.
La dematerializzazione è dunque una delle aree prioritarie
di investimento per le banche. In quali altre aree ‘innovative’
stanno investendo gli istituti di credito? E come vede lo spending
in Ict del sistema bancario nel 2009?
Secondo le rilevazioni di Abi Lab, nonostante la difficile
congiuntura internazionale, il 65% delle banche non prevede di
ridurre il proprio budget “tecnologico” per il 2009. Per il
settore bancario l’Ict si conferma una leva strategica importante
per guidare il cambiamento, conseguire gli obiettivi di business,
fare innovazione e mantenere elevati livelli di competitività,
anche in un’ottica di razionalizzazione dei costi di gestione e
di miglioramento dell’efficienza. Nel 2009, le principali aree
d’investimento tecnologico delle banche andranno dallo sviluppo
dei sistemi IT alle iniziative di integrazione voce-dati; dal
rinnovamento dello sportello tradizionale ai canali più evoluti di
accesso ai servizi bancari; dalla sempre maggiore sicurezza di home
banking e filiali agli adempimenti necessari per adeguarsi alle
nuove norme europee e al miglioramento dei processi operativi della
banca.