«Il reward-based crowdfunding in Italia? Rispetto alla Francia, non è ancora decollato per la poca conoscenza dello strumento e per la ridotta fiducia nei pagamenti online. Il potenziale però è altissimo: la creatività degli italiani è sempre stata enorme».
Il punto di vista è di Tania Palmier, country manager in Italia di Ulule, la piattaforma francese di crowdfunding che con le sue 11.800 iniziative finanziate con successo e i circa 47,7 milioni di euro raccolti sui progetti (dati marzo 2016) è uno dei primi portali europei.
Ulule è disponibile in italiano dal 2011 ma dal 2015 ha iniziato a offrire un servizio di accompagnamento per ogni singolo progettista prima, durante e dopo la campagna. Segno che il mercato del Belpaese è considerato promettente. Ma quali sono le differenze tra Italia e Francia quando si parla di crowdfunding? “Le possibilità di sviluppo – spiega la country manager – sono molto grandi ma in Italia l’uso di Internet è molto diverso. Per esempio, l’e-commerce ha uno sviluppo ancora basso e c’è scetticismo nei confronti dei pagamenti online, indispensabili per il crowdfunding”.
A questa preferenza per le transazioni dal vivo fa da contraltare un’ancora poco sviluppata tendenza a mixare comunicazione online e offline. “In Francia ci sono spesso eventi live per promuovere le campagne. In Italia, invece, questo fenomeno non si è ancora diffuso”. Secondo Palmier, anche il significato stesso della parola non è ancora chiaro a tutti. “Oltre a chi ancora non sa bene di cosa si tratti, c’è chi non ha ben presente la distinzione tra equity, donation, reward e lending based. Ecco perché abbiamo sentito il bisogno di fare informazione sul reward-based crowdfunding attraverso eventi in varie parti d’Italia”. Infine, una resistenza di carattere culturale: “In Italia, l’idea di presentare un progetto non viene in mente in modo naturale così come verrebbe in Francia. Sembra strano, ma probabilmente c’è anche il timore che le idee vengano rubate”.