“Voglio che l’associazione sia sempre più percepita come il partner strategico per le aziende Ict, che dia loro supporto per farle crescere ed evolvere, contribuendo alla diffusione della trasformazione digitale e con essa al miglioramento della vita di tutti noi, cittadini e imprese. In questo istante la metafora che più mi rappresenta in Assintel è quella un binario sul quale viaggia un treno super tecnologico ad altissima velocità”. Ha una vision chiara la neo presidente di Assintel Paola Generali che ha ereditato il timone da Giorgio Rapari, alla guida dell’Associazione per 15 anni.
Presidente Generali, la trasformazione digitale delle imprese necessita di un radicale cambio di marcia? Oppure è possibile conciliare passato e futuro?
Il tema della trasformazione digitale delle imprese Ict è l’esatto esempio di come continuità e innovazione siano lati di una stessa moneta: già da qualche anno abbiamo rilevato il fenomeno della “vecchia” e della “nuova” Information Technology, il nostro è un mercato che cambia alla velocità della luce e molte rendite di posizione non sono più possibili. Ma il nuovo implica anche dei cambiamenti di paradigma in imprenditori e aziende, che sono fattori che non possiamo dare per scontati persino all’interno di realtà che fanno innovazione. Assintel come associazione deve avere un ruolo decisivo in questo processo, in modo da accompagnare l’intero settore verso un’evoluzione consapevole che capitalizzi il passato e guardi al futuro. Questo si fa attraverso continui think tank verticali, incontri di networking, workshop e formazione dedicati ai soci, creando community e senso d’appartenenza.
Quali sono i dossier più caldi che si è trovata sul tavolo e quali le sfide che bisognerà affrontare nei prossimi anni?
Tanti dossier caldi, alcuni culturali, altri di vera e propria “sfida” associativa. A livello culturale dobbiamo porci una mission: essere driver – d’ispirazione e di realizzazione – rispetto alla trasformazione digitale. Il tema si declina nel dialogo continuo con le imprese della domanda, con le quali avere un approccio e un linguaggio empatico focalizzato sui benefici delle tecnologie che devono essere “toccabili e sperimentabili”; nell’essere di reale supporto sui territori ad iniziative di diffusione dell’innovazione; nel lavorare fianco a fianco con imprese, scuole e università per formare le competenze digitali che ci servono.
Guardando invece più alla nostra base associativa, la grande sfida che dobbiamo vincere riguarda il tema delle Pmi, che costituiscono la nostra ossatura. Centri d’eccellenza, di vera innovazione, di coraggio, di investimento, di idee ma anche protagoniste di uno stillicidio che le penalizza proprio rispetto alla loro dimensione. Se sul versante internazionale dobbiamo lavorare per farne aumentare la competitività verso l’estero, dando agli imprenditori strumenti per aggregarsi e creare massa critica, sul fronte interno il nostro tallone d’Achille si chiama pari dignità nei bandi della Pubblica Amministrazione. Alcuni temi caldi: scardinare una logica di gare e appalti in cui per noi è impossibile lavorare, rivedere un sistema perverso di downpricing delle tariffe e di subappalto, semplificare la complessità burocratica di accesso.
Estendendo lo sguardo al sistema economico nel suo complesso, entra in gioco un altro attore fondamentale: il Mise. Non possiamo immaginarci una vera evoluzione digitale senza una strategia di sostegno economico e finanziario: le imprese vanno incentivate ad investire nella loro trasformazione digitale. Gli ostacoli sono di natura sia culturale sia finanziaria: da un lato molti imprenditori non ne comprendono ancora i vantaggi, dall’altro lato spesso non hanno le risorse da investire, soprattutto se parliamo di Pmi. Il Mise ha dunque un ruolo fondamentale nello scegliere su quali settori strategici e quali processi incentivare, trovando e modulando risorse che tengano conto delle dimensioni d’impresa, delle aree geografiche, dei contest d’investimento europei, ma anche trovando formule che premino la ricerca e l’innovazione. L’esperienza di Impresa 4.0 è stata un apripista, va presa come esempio per estenderne le logiche in modo sistemico e continuativo.
Un ministro per l’Innovazione, un Dipartimento per la Trasformazione digitale, un team per la trasformazione digitale: è dell’idea che tutte queste strutture servano a rafforzare il peso politico del digitale oppure sono troppe strutture e bisogna razionalizzare?
Sono segnali che mi fanno ben sperare e che sono in linea con quanto lo scorso anno abbiamo chiesto proprio alle Istituzioni nel Position Paper Assintel. Un Ministro ad hoc che dà l’imprinting politico ed esprime una volontà strategica di governance del digitale: è decisamente quello che aspettavamo. Questo porterà inevitabilmente ad una razionalizzazione, su cui non posso che ragionare da imprenditrice: meno attori implica più efficienza e questo aumenta le probabilità di efficacia. Moltiplicare le strutture non fa che rimbalzare le inefficienze, che stanno nel dna del nostro sistema burocratico: il peso politico non è dato dalla moltiplicazione ma da quanto un Governo è engaged sul tema. Da lì, a cascata, occorre avviare anche un’operazione culturale interna, fatta sia di competenze digitali sia di ingaggio di tutta la struttura burocratica. Assintel si rende totalmente disponibile nel collaborare sin da subito con il Ministero dell’innovazione per raggiungere tale obiettivo, facendo rete e creando una collaborazione preziosa tra “pubblico e privato”.
Secondo lei quali sono le priorità in tema di investimenti-Paese nel settore dell’Ict?
Credo che il tema caldo possa riassumersi in uno slogan: “Cittadinanza digitale a 360 gradi”. Voglio partire dal fondo, dal risultato: ogni cittadino e ogni impresa dovrebbe poter percepire e utilizzare tutte le potenzialità che le tecnologie oggi rendono disponibili per vivere il proprio territorio e le proprie attività nel miglior modo possibile. Il che si declina in una Pubblica Amministrazione finalmente digitalizzata e coordinata, in cui vi sia una piena, totale e limpida interoperabilità delle banche dati in tutti i punti di accesso al dato (anagrafe, sanità, fisco, scuola, catasto, registro imprese, ecc).
Lato imprese, questo non solo permetterebbe di velocizzare i tempi e rendere certi i processi, ma sarebbe un buon incentivo per quelle realtà ancora ai confini della Trasformazione Digitale. Lo stesso ragionamento si applica al cittadino, innescando un effetto culturale sistemico che potrebbe farci fare un salto avanti e recuperare terreno anche rispetto al Desi e ai Paesi UE.
Come donna a capo di un’associazione importante nel settore dell’Ict potrà contribuire a dare una spinta alla formazione di skill adeguate sempre più anche fra le giovani ragazze? Pensa che Assintel possa fare qualcosa in tal senso? Iniziative mirate?
Mi preme fare una premessa: sono contraria alle “quote rosa” in qualsiasi settore, quello che auspico è “il rosa in quota” (come dice una mia cara amica e collega) sempre e comunque per merito. Una donna presidente nell’Ict fa notizia, invece non dovrebbe farla, in quanto che sia donna o uomo ciò che dovrebbe essere di interesse sono i risultati che ha raggiunto e che raggiungerà.
Parliamo delle competenze digitali, argomento a me molto caro: noi aziende dell’offerta abbiamo fame di professionalità nel mondo digitale ma è difficile trovarle. Ragazze e ragazzi, indifferentemente. C’è da scardinare un retaggio culturale purtroppo non al passo coi tempi, che coinvolge tanto le famiglie quanto le scuole: dobbiamo dare ai nostri figli fin da subito stimoli che li interessino alle professioni del digitale – che sono praticamente infinite, in quanto la tecnologia si utilizza nell’arte, nella scienza, nella farmaceutica, nella geologia, nella produzione, nei servizi, nel sociale, nella sanità, nella musica, ovunque. Dobbiamo descrivere nelle scuole scenari reali della società che circonda le nostre ragazze ed i nostri ragazzi, che è molto diversa da quella che viene insegnata a scuola – che è “difforme ed antica”: questa visione non permette loro di vedere “oltre”, molto spesso i genitori stessi non sono di aiuto indirizzando i figli erroneamente in percorsi dove oramai la domanda di competenze è satura. Il lavoro che Assintel sta impostando è allora quello di dialogo con le istituzioni, in particolare: con Miur e AgID, attraverso l’Osservatorio delle Competenze Digitali; con le Università, contribuendo alla loro sensibilizzazione nel creare percorsi di studi che servano a formare le competenze richieste dal mercato Ict. Un esempio virtuoso il nuovo percorso uscito dalla partnership fra Bocconi e Politecnico “Cyber Risk Strategy e Governance”: due anni in inglese, percorso breve, efficace, internazionale. Questo è ciò che ci serve. Sensibilizzare le scuole a partire dalla scuola secondaria di primo grado, creando percorsi che devono essere loro stessi innovativi ed in continuo aggiornamento, perché naturalmente stiamo parlando di tecnologie.