Adesso è ufficiale. La Commissione europea pensa ad un aggiornamento su vasta scala delle regole comunitarie in materia di telecomunicazioni. Gli indirizzi generali dell’iniziativa troveranno già spazio nella più vasta strategia Ue sul digital single market la cui presentazione è programmata per il prossimo 6 maggio. Mercoledì scorso l’attesa road map di riforme per costruire l’unione digitale è stata protagonista di un primo dibattito di orientamento tra i commissari europei teso a concordarne gli ambiti prioritari d’intervento. Tra cui, e lo si è evinto con chiarezza nella successiva conferenza stampa, è stato dunque stabilito di inserire anche le tlc. Ovvero “una considerevole revisione del quadro vigente”, come si legge in uno dei documenti della riunione del collegio Juncker.
“Si tratta di una decisione che fino a pochissimo tempo fa non era scontata”, ammette un consulente. Ma in qualche modo era prevedibile. Punto primo perché il quadro regolamentare europeo sulle telecomunicazioni è stato rimaneggiato l’ultima volta nel 2009, un’era geologica fa se scrutata attraverso il prisma dei cambiamenti che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni. Non solo: a sollecitare un’azione da parte del legislatore europeo è l’ormai acclarata débâcle del pacchetto telecom proposto due anni fa dall’allora commissario Neelie Kroes. E il cui testo originario è stato ridotto in coriandoli da Parlamento e Consiglio Ue lungo, perdendo per strada tutte le misure più pregnanti salvo quelle sulla soppressione del roaming e la codificazione delle tutela della net neutrality nel diritto europeo.
L’obiettivo primario della Commissione appare difatti proprio quello di riprendere il filo della sfortunata impresa sponsorizzata dalla Kroes sul mercato unico delle telecomunicazioni. Stando ai primi documenti di lavori trapelati dai palazzi comunitari, la stella polare della futura riforma del framework resta il superamento “della frammentazione regolamentare”, in prevalenza su linee geografiche, che affligge il mercato europeo delle tlc.
“L’Europa non può essere all’avanguardia della rivoluzione digitale con un mosaico di 28 normative diverse per i servizi di telecomunicazione”, ha spiegato il commissario all’Economia digitale, Günther Oettinger, nella conferenza stampa di mercoledì. Un discorso ancor più vero per il comparto del mobile. L’esecutivo europeo, come annunciato a più riprese negli ultimi due mesi, punta non a caso a introdurre “criteri pan-Europei nella gestione del radiospettro” e “un approccio più coordinato” delle relative politiche.
Politiche che oggi restano saldamente in mano ai paesi nonostante i tentativi più o meno abortiti di promuovere una prospettiva di armonizzazione messi in campo da Bruxelles negli anni precedenti. La Commissione, come del resto buona parte degli analisti, ritiene da tempo che il deficit d’integrazione sul terreno delle frequenze sia in larga misura responsabile del ritardo europeo nella diffusione del 4G. Più in generale, per imprimere slancio alla banda ultra larga, sia in termini di rollout che di penetrazione, Bruxelles si è ripromessa di disegnare misure che “incentivino gli investimenti” e al contempo “promuovano la concorrenza nel mercato”. Due obiettivi che, però, rischiano di entrare in rotta di collisione se non venissero dosati con attenzione.
Ci sarà spazio anche per la prevista revisione della direttiva sul servizio universale che dovrebbe segnare l’esplicita estensione del suo campo di applicazione anche alla banda larga.
L’altro piatto forte della revisione dovrebbe comportare un trattamento più paritario tra telco e Ott che con esse competono sui servizi tradizionali come voce e sms: parliamo dei Whatsapp, degli Skype, etc. Anche questa non è una novità. Alcuni stati membri, tra cui Francia e Germania, la stanno caldeggiando da mesi. Mercoledì il vicepresidente della Commissione Andrus Ansip lo ha ribadito con nettezza: “tutti sanno oggi che tra telco e Ott ci sono rapporti sbilanciati e dobbiamo trovare un equilibrio migliore”. Ma il dilemma sul tavolo della Commissione è se ridurre il peso regolamentare sulle telco o semplicemente allargare l’ambito del quadro regolamentare agli Ott. E su quest’ultima opzione sussistono non pochi dubbi. Tra le fila dello stesso esecutivo v’è molto scetticismo sulla sua praticabilità.
E’ d’altra parte il segno che intorno alle (poche) certezze cominciano già a intravvedersi non poche incognite. In molti si chiedono infatti se la riforma potrà contare su un sufficiente consenso politico. “Se Europarlamento e stati membri hanno rimosso dal pacchetto Kroes tutte quelle norme che spingevano su un allineamento regolamentare, ad esempio in materia di diritti dei consumatori, spettro, prodotti di accesso, per non parlare dell’istituzione di un regime unico di autorizzazioni per gli operatori, non si vede perché debbano cambiare idea nel giro di due anni”, ragiona un funzionario europeo.
Al di fuori delle istituzioni Ue le cose non vanno meglio: le lobby delle telco sono a loro volta pronte ad incrociare le armi. Da un lato, gli operatori storici premono per un reciso allentamento degli obblighi in materia di accesso e più in generale brandiscono il vessillo di una regolamentazione più “light”. Una prospettiva aborrita dagli Olo che, per loro parte, hanno negli ultimi tempi moltiplicato gli appelli in favore di una sostanziale preservazione dell’orientamento pro-concorrenziale che informa l’attuale cornice di regole. Il guaio è che dissidi analoghi si anniderebbero anche all’interno della Commissione europea, ad esempio tra Günther Oettinger e il suo collega alla concorrenza Margrethe Vestager. Il rischio è che pesino in negativo sull’efficacia e la rapidità di un’azione di Bruxelles.
Infine i tempi. La riforma della legislazione europea sulle telecom finirà quasi certamente in coda ad altre iniziative legislative giudicate più urgenti e di certo non meno complesse, come quella sul copyright. Secondo gli osservatori, nella migliore delle ipotesi una proposta legislativa non sarà pronta prima della seconda metà del 2016. Ma l’orizzonte temporale potrebbe dilatarsi ulteriormente proprio a causa del pacchetto Kroes. La Commissione ha messo in chiaro che non presenterà nuove regole sino a quando la proposta di regolamento non sarà adottata. E a giudicare dall’abisso che divide Europarlamento e Consiglio, dalla scorsa settimana impegnati a trovare un accordo, si fa sempre più largo l’ipotesi che si vada in seconda lettura. Che chissà quanto tempo potrebbe prendere.