L’Antitrust bacchetta i colossi dell’hi-tech. L’Autorità ha evidenziato l’esistenza di clausole vessatorie a danno dei consumatori nei contratti proposti da Google Drive, Dropbox e Icloud Apple per i servizi cloud offerti dai tre operatori.
In particolare l’Antitrust ha ravveduto l’esistenza di clausole vessatorie nelle condizioni contrattuali imposte dalle tre società ai propri clienti relativamente alle Modifiche al Servizio, Esclusione delle garanzie, Responsabilità contrattuale, Sospensione o interruzione dell’accesso ai servizi, Modifiche ai termini e validità dei soli testi inglesi in caso di controversie.
Nel dettaglio le istruttorie per pratiche scorrette nei confronti di Google e Apple riguardavano la mancata o inadeguata indicazione, in sede di presentazione del servizio, dell’attività di raccolta e utilizzo a fini commerciali dei dati forniti dall’utente e il possibile indebito condizionamento nei confronti dei consumatori, che, per utilizzare il servizio di cloud storage, non sarebbero in condizione di esprimere all’operatore il consenso alla raccolta e all’utilizzo a fini commerciali delle informazioni che li riguardano.
Le stesse contestazioni venivano mosse pure a Dropbox, cui si imputava, in aggiunta, di aver omesso di fornire in maniera chiara e immediatamente accessibile le informazioni sulle condizioni, sui termini e sulle procedure per recedere dal contratto e per esercitare il diritto di ripensamento.
Le clausole concedevano ai colossi l’ampia facoltà di sospendere e interrompere il servizio o prevedevano l’esonero di responsabilità anche in caso di perdita dei documenti conservati sullo spazio cloud dell’utente. E ancora: la possibilità di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali; la prevalenza della versione in inglese del testo del contratto rispetto a quella in italiano.
A seguito dell’apertura del procedimento da parte dell’Antitrust, i tre operatori hanno proposto modifiche alle condizioni contrattuali per superare i profili di vessatorietà oggetto di istruttoria, e l’Autorità, con tre diversi provvedimenti, ha ordinato a Apple, Google e Dropbox la pubblicazione sui rispettivi siti internet italiani del provvedimento con cui si censurano le clausole riconosciute come vessatorie.