La revisione delle norme sui cookie annunciata da Google per il borwser Chrome finisce sotto la lente dell’autorità Antitrust del Regno Unito, che ha aperto un’indagine formale nei confronti di BigG. Il colosso di Mountain View infatti ha annunciato la rimozione dei cookie di terze parti dal browser e dal motore di ricerca, e questo secondo il regolatore britannico potrebbe lasciare ancora meno spazio alla concorrenza nel settore degli annunci online.
I cookie vengono utilizzati infatti dalle aziende con l’obiettivo di indirizzare la pubblicità in modo che sia il più possibile personalizzata in base alle abitudini degli utenti. Google ha proposto di sostituire i cookie di terze parti con i propri strumenti, come parte di una “sandbox per la privacy” che verrà implementata a partire dal 2022. L’authority Uk vuole verificare attraverso questa che la decisione di Google non danneggi la capacità degli editori di “monetizzare” le informazioni messe a disposizione dagli utenti.
“Le proposte di Google Privacy Sandbox avranno potenzialmente un impatto molto significativo su editori come i giornali e sul mercato della pubblicità digitale. Ma ci sono anche problemi di privacy da considerare – spiega in una nota Andrea Coscelli, che guida la Competition and Markets Authority – I regolatori lavoreranno con il commissario per la privacy del Regno Unito e si impegneranno con Google durante le indagini”.
Chrome è il browser web più diffuso su scala globale, mentre le tecnologie di bigG sono utilizzate anche da altri borwser concorrenti, come ad esempio Microsoft Edge: per questo, secondo i dati diffusi lo scorso anno dall’Antitrust britannico, Google controlla oltre il 90% del mercato della pubblicità di ricerca del Regno Unito, che vale complessivamente 7,3 miliardi di sterline, pari a circa 10 miliardi di dollari.
Dal canto suo Google sottolinea di non aver ancora apportato modifiche, e assicura all’authority la propria collaborazione per arrivare a una soluzione condivisa. Questo mentre altri browser, come ad esempio Safari e Firefox, hanno invece iniziato a bloccare i cookie di terze parti.
L’indagine della Cma nasce da un reclamo presentato da Marketers for an Open Web, secondo cui le nuove regole programmate da Google configurerebbero un giacimento di informazioni di proprietà di Google negando agli editori l’accesso alle informazioni raccolte, con il rischio di una riduzione dei ricavi per questi ultimi fino a due terzi rispetto a oggi. “Fornire informazioni personali più direttamente identificabili a Google non protegge la privacy di nessuno – spiega Marketers for an Open Web – Crediamo che l’indagine del Cma lo confermerà e salverà il web per le generazioni future”