Apple ha pagato 155 miliardi di dollari agli sviluppatori di app dal 2008 a oggi: lo ha annunciato la stessa azienda di Cupertino, aggiornando i dati divulgati a gennaio 2019 che indicavano 120 miliardi di dollari pagati agli sviluppatori attivi sull’App Store dal 2008. Questo significa che il negozio di applicazioni per iPhone ha registrato un fatturato totale di 50 miliardi nel 2019, supponendo che gli sviluppatori ricevano il 70% delle vendite sulle app, e ha generato circa 15 miliardi di ricavi per Apple, secondo l’analisi svolta da Cnbc.com.
Un fatturato annuo di 50 miliardi piazzerebbe l’App Store al numero 64 della lista Fortune 500, davanti a Cisco e dietro Morgan Stanley. Ma il dato fornito da Apple suggerisce anche che la crescita dell’App Store sta rallentando: nel 2019, l’azienda guidata da Tim Cook ha pagato agli sviluppatori 35 miliardi di dollari, solo il 2,9% in più rispetto alla cifra del 2018 (34 miliardi) e un significativo rallentamento rispetto al tasso di crescita del 30% del 2017.
Spinta sui servizi
Apple non rivela l’importo totale dei ricavi che l’App Store realizza ogni anno, ma ha pubblicato statistiche sul suo App Store ogni gennaio a partire dal 2013, incluso il totale del pagamento che effettua verso gli sviluppatori. Gli sviluppatori ottengono in genere il 70% del prezzo di acquisto di un’app sull’App Store; si sale all’85% nel secondo anno di abbonamento, ma ciò riguarda una percentuale ridotta di app. In base a questi dati Cnbc.com ha condotto le sue stime.
Apple sta spingendo con decisione sul business dei servizi per bilanciare il rallentamento delle vendite degli iPhone. In questo ambito rientrano non solo le app dell’App Store ma anche i contenuti in abbonamento, come quelli di Apple Music e Apple Tv Plus, oppure le licenze (per esempio la commissione pagate da Google per essere il suo motore di ricerca predefinito sugli iPhone). Complessivamente, Apple ha intascato dai servizi ricavi per 46,2 miliardi di dollari nell’ultimo anno fiscale, conclusosi il 30 settembre 2019.
Nell’arena del videostreaming
Gli analisti osservano con attenzione la crescita delle entrate alternative alle vendite dello smartphone e finora gli investitori hanno premiato le strategie del ceo Tim Cook, nonostante le stime di Cnbc.com suggeriscano che Apple deve fare ancora parecchia strada prima di ribaltare i rapporti di forza tra il “nuovo” business dei servizi e l’attività “core” degli iPhone.
Nel 2019 Apple ha lanciato due nuovi servizi in abbonamento, Apple Tv+, piattaforma di video in streaming che fa concorrenza a Netflix e Disney Plus, e Apple Arcade, dedicato ai videogiochi. Per nessuna delle due offerte sono stati per ora svelati gli abbonati raggiunti. La Mela ha invece fatto sapere che Apple News, con cui gli abbonati possono leggere sui device Apple articoli di giornale pubblicati da varie testate giornalistiche, ha più di 100 milioni di utenti mensili attivi in Usa, Uk, Australia e Canada.
L’azienda ha anche detto che nel 2019, tra la vigilia di Natale e Capodanno, i clienti dell’App Store hanno speso sul negozio di applicazioni la cifra record di 1,42 miliardi di dollari, il 16% in più rispetto all’anno precedente. Apple Music continua a crescere grazie alla sua offerta di oltre 60 milioni di brani, mentre Apple Arcade ha 100 titoli esclusivi e continua ad espandersi. Apple Podcasts attualmente offre oltre 800.000 programmi in 155 paesi.
Pubblicità e pagamenti mobile
Anche con il rallentamento degli iPhone e una crescita meno brillante per l’App Store, Apple ha diversi spazi per espandere ricavi e profitti: secondo gli analisti finanziari di JP Morgan, infatti, il lancio di Apple Tv+ e l’avvio dei servizi digitali da parte dell’azienda di Cupertino potrebbero permettere di aumentare il fatturato derivante dalla pubblicità, facendolo crescere di cinque volte in sei anni e portandolo nel 2025 a quota 11 miliardi di dollari, dando linfa costante al business.
Il segmento dei servizi di Apple è molto ampio: include anche Apple Care per l’assicurazione dei nuovi prodotti della Mela, iCloud, che permette di salvare foto, video, file, app, dati e altri contenuti in un unico posto in modo sicuro e di accedervi da tutti i dispositivi della Mela, e Apple Pay per i pagamenti mobili. L’offerta sui pagamenti è stata integrata l’anno scorso con la Apple Card, realizzata con la collaborazione di Goldman Sachs.
Come la pubblicità anche la carta di credito virtuale è una leva di crescita importante per Apple. Gene Munster, managing partner di Loup Ventures, pensa che entro il 2023 questo prodotto potrebbe generare ricavi per 1,4 miliardi di dollari; si tratterebbe di ricavi con alti margini e che aggiungerebbero circa l’1,8% in più al totale degli utili di Apple. La carta fornisce un complemento all’attività Apple Pay, che ha circa 50 milioni di utenti oggi e che varrà 5,38 miliardi di dollari nel 2023, secondo Munster.
Elemento ancora più rilevante, secondo Ben Bajarin, analista di Creative Strategies, il successo della credit card potrebbe rappresentare per Apple un ulteriore fattore di fidelizzazione del cliente. Il peso sulle revenue potrebbe anche non essere determinante, ma tenere i clienti legati al brand e all’ecosistema Apple è quello che per il colosso di Cupertino vale di più, anche perché dà spazio alla Mela per continuare a proporre nuovi servizi a valore aggiunto.