L'INTERVISTA

Lavoro 4.0, Treu: “Serve un patto istituzioni-imprese per la formazione”

Il presidente del Cnel evidenzia il mismatch che caratterizza l’Italia: “Bisogna investire in competenze ad alto contenuto tecnologico per vincere le sfide della doppia transizione, digitale e verde”. Cruciale il ruolo dei corpi intermedi

Pubblicato il 13 Feb 2023

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Il digitale ha rivoluzionato, e anche frammentato, il mondo del lavoro e le competenze necessarie ad “abitarlo”. Per governare la transizione serve un forte raccordo tra le istituzioni, corpi intermedi e le imprese. Tiziano Treu, presidente del Cnel, delinea le azioni chiave per accompagnare il Paese verso il lavoro 4.0.

Il digitale sta rivoluzionando il lavoro sia per come viene svolto sia per le competenze richieste. Basti pensare all’avvento dell’intelligenza artificiale. L’Italia è pronta alla sfida richiesta da queste trasformazioni?

Il digitale ha già rivoluzionato, e non poco, il lavoro con implicazioni pesanti per l’occupazione e per l’economia. L’esplosione del lavoro digitale a distanza ha modificato i luoghi e il tempo delle attività umane. Dopo la pandemia lo scenario è cambiato definitivamente e non si torna più indietro. Dall’ultimo Rapporto sul mercato del Cnel è emerso con chiarezza che il nostro Paese non è ancora pronto ad affrontare la partita del lavoro che cambia. Preoccupa il fenomeno del Mismatch tra domanda e offerta. Nei primi nove mesi del 2022, su quasi 420 mila nuove assunzioni mediamente previste, 170 mila (il 40.3 per cento) sono risultate di difficile reperimento; nello stesso periodo del 2019, tale quota si attestava al 28.2 per cento.

E allora?

Per poter svolgere un’azione di utile raccordo fra istituzioni, mondo del lavoro e mondo della formazione e per conseguire indicazioni concrete in tempi coerenti con l’urgenza e l’importanza della fase, il Cnel ha attivato una cabina di regia, con la presenza dei ministeri maggiormente impattati dal tema e dei principali soggetti sociali (tra gli altri, le Associazioni Imprenditoriali, le Organizzazioni Sindacali, Unioncamere, Inapp, i principali soggetti operanti nel terzo settore, le principali associazioni dei giovani); dall’altro, sono state coinvolte, attraverso un importante calendario di audizioni gestito dalla Commissione Informazione e Lavoro, le principali istituzioni e imprese italiane, sia per il loro ruolo centrale nell’attuazione dei programmi del Pnrr, sia per monitorare l’evoluzione dei principali settori e il rapporto con le piccole e medie imprese presenti nell’indotto dei diversi mercato di riferimento. Abbiamo, in sostanza, chiamato a raccolta tutti gli attori della filiera Istruzione-Formazione e Alta Formazione e le più importanti realtà produttive del Paese con lo scopo di anticipare i fabbisogni professionali necessari soprattutto per l’attuazione del Pnrr.

Che tipo di strumenti si possono mettere in campo per governare una svolta che rischia di avere impatto importanti sulla qualità e sul livello di occupazione?

Il Cnel ha sottolineato nei suoi documenti, da ultimo con un insieme di proposte su quelle che noi riteniamo le priorità per la prossima legislatura, la necessità che le due transizioni digitale ed ecologica siano sostenute non solo con una rigorosa finalizzazione agli investimenti del Pnrr, ma anche con scelte del nostro Paese coerenti con le indicazioni europee. Per affrontare le nuove sfide della transizione ecologica e digitale l’Europa ha già approvato alcuni interventi riguardanti la attuazione dell’European Pillar of social rights e del relativo Action plan. Il nostro legislatore, e per parte loro i contratti collettivi, sono chiamati a dare applicazione nel nostro ordinamento a queste indicazioni europee che possono contribuire in modo significativo a rafforzare le tutele del lavoro nel nuovo contesto economico e alla transizione giusta prefigurata dal Ngeu.

In Italia c’è un forte un gap di competenze, come certifica il Desi della Ue. Ed è un gap che viene da lontano ma che sembra non riusciamo a colmare. Che fare?

Il tema del lavoro, del lavoro che cambia, delle competenze che servono, della difficoltà di fare raccordo fra domanda e offerta, è stato al centro dell’attività del Cnel, come dicevo, che ha istituito a febbraio del 2022 un tavolo sul mismatch nel mercato del lavoro, sulla base delle esigenze espresse e manifestate da alcuni ministeri e delle indicazioni provenienti dai principali istituti di ricerca del nostro Paese. Parallelamente, si è cercato di dare evidenza alle crescenti preoccupazione delle parti sociali, impegnate da tempo, all’interno del Cnel a focalizzare criticità e possibili azioni di sviluppo. Serve puntare con urgenza sulle professioni cruciali per gli avanzamenti nei processi di innovazione tecnologica e transizione digitale, quali specialisti in scienze matematiche e informatiche, tecnici Ict, ingegneri e tecnici in campo ingegneristico. Per queste figure si può ipotizzare che – se non aumenterà l’offerta – cresceranno le criticità nel loro reperimento nel mercato del lavoro (critical mismatch), e si potranno verificare dei rallentamenti nell’implementazione delle missioni del Pnrr per mancanza della forza lavoro.

Che ruolo possono svolgere i corpi intermedi, sindacati e associazioni datoriali, nella grande trasformazione del lavoro ai tempi del digitale?

I corpi intermedi hanno un ruolo fondamentale mai come in passato perché restato i più importanti rappresentanti di interessi delle grandi categorie sociali. Sono le uniche forze sociali che, operando sul territorio, sono in grado di intercettare i bisogni e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori. Sono un presidio strategico sul territorio. I corpi intermedi dovrebbero sostenere con forza l’importanza della formazione. Senza di essa la situazione sarà sempre più critica. Il mondo della formazione registra purtroppo ritardi strutturali. E’ molto bassa la qualità media dei sistemi di apprendimento in uscita dalla scuola superiore, soprattutto di primo grado, e sono preoccupanti i trend di dispersione scolastica. Da troppe parti, si studia male, si studia poco, e soprattutto si studia senza un collegamento importante con il mondo del lavoro e senza la capacità di fornire “competenze di cittadinanza globale”. La scuola, nonostante gli sforzi messi in atto da più parti, è lontana dal mondo del lavoro e non riesce ad orientare famiglie e giovani. L’Università, salvo poche eccezioni, non è allineata alle esigenze del mondo produttivo, un ritardo particolarmente grave che si è ulteriormente consolidato negli ultimi anni. Il sistema degli Its Academy, che pure è stato oggetto di un importante intervento legislativo, potrà portare effetti positivi solo nel medio periodo. Serve dunque la collaborazione di tutti gli attori sociali, una sorta di patto per erogare una formazione più celere anche attraverso l’ausilio di tecnologie capaci di ridurre i tempi dell’apprendimento coinvolgendo i ragazzi come avviene col metaverso.

In questo quadro quale il ruolo del Cnel, invece?

Il Cnel così come lo hanno immagino i padri e le madri costituenti è la casa dei corpi intermedi, il luogo per eccellenza della partecipazione della società civile ai processi decisionali. Un ruolo che si è rafforzato nel 1986 con la legge n.936 di cui è stato relatore, assieme a Giugni, l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. All’interno del Cnel, le parti sociali trovano un luogo di conciliazione dei singoli interessi che consente loro di svolgere il ruolo di advisor di Governo e Parlamento con un’ottica di lungimiranza che il decisore politico non può spesso permettersi. Ed è proprio nella sfida posta dall’avvento delle nuove tecnologie, in particolar modo del digitale, che il ruolo dei corpi intermedi diviene cruciale. Le organizzazioni di rappresentanza possono e devono orientare le categorie che rappresentano circa rischi e opportunità della tecnica; una tecnica che è sempre neutra e assume connotazioni a seconda dell’uso che se ne fa. Il Cnel, che è il luogo dove son stati concepiti i primi indicatori del Benessere Equo e Sostenibile (Bes) s’impegnerà affinché la tecnologia divenga strumento per una crescita ambientalmente economicamente e socialmente sostenibile e non un fine.

 Quest’anno ricorre il 65 anniversario dall’istituzione del Cnel; ci può fare un bilancio?

Dalla sua istituzione, avvenuta il 1° gennaio 1958, il Cnel ha avuto sempre un ruolo di primo piano nella vita politica e sociale del Paese ed ha rappresentato un presidio fondamentale della democrazia. Lo attestato i numeri relativi alla sua attività: oltre 1000 documenti tra disegni di legge, pareri, documenti di osservazioni e proposte al Governo e al Parlamento, rapporti e relazioni. Particolarmente significativo, e positivo, il bilancio della X consiliatura che ho avuto l’onore di presiedere. Dal 5 giugno 2018, quando si è insediata, infatti, ha emanato ben 53 pareri, 75 documenti di osservazioni e proposte e 23 disegni di legge (le 3 tipologie di atti previsti dalla legge). Ha inoltre realizzato 14 tra rapporti e relazioni, 16 ordini del giorno e 19 quaderni scientifici; 33, invece, le audizioni parlamentari del Cnel, che – come emerge dagli atti – hanno contribuito in maniera significativa alla legislazione sul lavoro degli ultimi 5 anni e alla formazione della legge di bilancio. Diversi i ddl trasformati in legge, tra cui quello fondamentale sull’istituzione del codice unico dei contratti. Tutte indicazione e norme a tutela del lavoro buono e di uno sviluppo sostenibile-ripeto- nelle tre dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale.

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