Alla fine è andata come prevedibile che andasse. E peraltro in un editoriale del direttore Gildo Campesato datato 20 settembre, in tempi in cui la situazione poteva ancora essere recuperata, si era già dato conto dello scenario che si andava prefigurando.
Quel che non si era sospettato è che il ripristino della tariffazione mensile avrebbe scatenato un putiferio ancor più pesante rispetto a quello sui 28 giorni che già aveva fatto tanto dibattere. Al punto da indurre l’Antitrust a ricorrere alla Guardia di Finanza per verificare la situazione. Su Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb pesa il sospetto di cartello, ossia di un accordo concordato nella definizione dei nuovi piani tariffari e nelle tempistiche di attuazione degli stessi in modo da recuperare le perdite derivanti da quel mese “mancante” (con i 28 giorni le mensilità erano 13). E nel mirino è finita persino l’associazione di settore, Asstel. Non solo: le ispezioni sarebbero state disposte anche per verificare l’ipotesi di un accordo sottobanco già ai tempi dei 28 giorni.
Se è accordo c’è stato – ma questo lo verificheranno gli organi preposti – paradossalmente sarebbe la questione meno grave della faccenda. Come da copione, formalmente tutto si metterà a tacere con sanzioni che rappresenteranno solo “briciole” per aziende che fatturano cifre a nove zeri. Il danno, quello vero, incalcolabile al momento, potrebbe generarsi dagli effetti collaterali della vicenda. Perché il danno di immagine – è cosa nota – costa molto più caro in soldoni e rischia di provocare conseguenze inaspettate.
I consumatori già infastiditi dalla consuetudine dei cambi in corso d’opera, da vincoli che non consentono reale libertà di movimento, dall’addebito – spesso e volentieri – di servizi non richiesti e, non ultimo, dalle continue chiamate da parte dei call center, sono ormai sul piede di guerra. E sarebbe interessante capire a tal proposito quale impatto si stia verificando sulla disponibilità, ad esempio, da parte dei consumatori nell’aderire a offerte di qualità, come quelle legate alle nuove connessioni in fibra (siamo in coda alle classifiche europee) o ai pacchetti premium frutto della convergenza media-tlc . C’è una correlazione fra la fiducia nelle telco e la domanda di servizi a valore aggiunto? Come convincere i consumatori ad abbandonare il vecchio per il nuovo sborsando più soldi, anche pochi, se si insinua il sospetto della fregatura dietro l’angolo? E, last but non least, l’imminente arrivo in Italia del quarto operatore mobile Iliad, genererà migrazioni di massa verso lo “straniero” e provocherà una nuova guerra dei prezzi?