L'ANALISI

Legge cyberbullismo, verso una rivoluzione “umanitaria digitale”

Le norme approvate non sono perfette ma faranno da leva sociale per disinnescare le dinamiche di omertà che spesso nascono intorno al fenomeno. L’analisi di Deborah Bianchi, avvocato specializzato in Diritto della Rete

Pubblicato il 23 Mag 2017

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Il Cyberbullismo finalmente ha la sua legge, approvata all’unanimità lo scorso 17 maggio 2017. Ci sono i detrattori e gli entusiasti, ci sono i pessimisti e gli ottimisti. Le ragioni degli uni e degli altri aiutano a riflettere sullo stato del “senso comune digitale” e a sognare prospettive di un futuro “risveglio umanitario digitale”. Nessuno può prevedere esattamente gli sviluppi della nostra Società Informativa. Tuttavia normative come l’approvata legge sul cyberbullismo – sebbene imperfette – si pongono sulla strada giusta.

I detrattori-pessimisti. I detrattori criticano l’esiguità delle risorse economiche assegnate all’applicazione della legge. Hanno ragione: il fondo stanziato di 200mila euro all’anno si traduce in circa 5 euro per ciascuna delle scuole italiane ( che sono oltre 40.000). I detrattori osservano che la legge non contempla tra i “gestori” i motori di ricerca. Hanno ragione: i contenuti lesivi pubblicati on line moltiplicano la loro diffusione e visibilità grazie a questi centri di indicizzazione dell’Internet. Pertanto l’Istanza al gestore ex art. 2 della legge rivolta al titolare del sito web ha valore solo per per quell’unico spazio digitale mentre se l’Istanza fosse stata estesa anche verso i motori di ricerca lo spettro di applicazione della norma si sarebbe decuplicato ottenendo maggiore tutela per il minore. I detrattori stigmatizzano il fatto che il legislatore non abbia inquadrato tra i colpevoli oltre al bullo anche i soggetti passivi che si limitano a guardare e ad aggiungere un “like” oppure quelli che filmano il video dell’abuso condividendolo in Rete. In questo caso dobbiamo dissentire dalla critica perché i cosiddetti soggetti passivi vengono stigmatizzati direttamente dalle leggi già vigenti nell’ambito dei corresponsabili. Anzi dovremmo osservare che questi ultimi sono stati maggiormente castigati dal legislatore perché non vengono concesse loro le misure “riabilitanti” stabilite per il bullo come l’Ammonimento e il sostegno medico-sociale per il recupero della devianza.

I detrattori criticano fortemente l’eccesso di commissioni e comitati stabiliti dalla legge e prevedono anche a causa di questo fattore un’implosione di tutto il castello normativo. Dobbiamo dissentire in quanto la sinergia trasversale dei vari stakeholders della Rete, della Scuola e dei Servizi Sociali costituisce il cuore della legge e anche l’unica strada per migliorare lo stato in cui versano i nostri giovani.

I detrattori inoltre evidenziano che questa legge entra in collisione con la libertà di espressione on line e con il principio di neutralità della Rete in quanto costringe i gestori dei vari siti a un’autocensura immediata non appena ricevuta l’Istanza del minore (notice and take down). Addirittura i titolari di determinati social media vengono indotti ad applicare delle misure di sorveglianza generale preventiva per ridurre il rischio di cyberbullismo. Hanno ragione ma questa sorveglianza avviene solo per i minori. L’eliminazione del bullismo tout court dal testo normativo e’ stata una mossa di grande equilibrio nell’ottica del balance tra diritto alla libertà di espressione, principio di neutralità della Rete e diritti della persona. La limitazione del notice and take down solo ai minori salvaguarda il principio di neutralità della Rete in tutti i casi in cui siano coinvolti degli adulti e di fatto restituisce l’Internet al regime giuridico vigente prima della legge.

Gli entusiasti-ottimisti. Gli entusiasti-ottimisti ammettono serenamente che la legge non è perfetta ma ritengono che essa costituisca un buon inizio. L’inizio di un’alfabetizzazione digitale indispensabile nel nostro Paese dove i ragazzi ma anche gli adulti sanno utilizzare le nuove tecnologie ma non sono consapevoli dei rischi cui possono andare incontro. Gli stessi rapporti sull’Agenda Digitale registrano questa cosa: nel nostro Paese esistono eccellenze informative elettroniche e pochissima consapevolezza dell’ambiente Internet. Questa legge segna l’inizio dell’assunzione di un corretto “senso comune digitale” contrapposto alla devianza operato in modo inclusivo e non emarginante. Solo la diffusione della consapevolezza informativa elettronica può salvare la nostra società dall’ “Avvento delle Macchine”. Il Signor Picchio fautore della legge insieme alla Senatrice Ferrara ha dovuto leggere nell’ultimo biglietto di addio della figlia suicida Carolina “Le parole fanno più male delle botte“. La legge si fonda sulle “parole”, sulla formazione. Sulla costituzione culturale di cittadini e cittadine digitali. Non ci sono soldi: è vero. Ben presto tuttavia anche gli Organismo sociali si renderanno conto che questa legge merita di essere finanziata perché “fa bene a tutta la società”. Una società che se non vuole essere sostituita dai Robots deve assumere la consapevolezza dei meriti e dei rischi delle nuove tecnologie. Quindi la legge sul cyberbullismo è in definitiva la prima legge a vantaggio della promozione della “Cittadinanza Digitale”.

L’approccio multi stakeholders della normativa risulta una scelta aderente alla realtà perché nell’Internet tutto è’ collegato e quello che viene caricato ora in Italia potrà avere conseguenze in America o in Cina. Lo Stato tradotto nella Scuola e nei Servizi nulla può fare senza l’ausilio dei Gestori del Web. Il Tavolo tecnico multi settoriale costituisce la giusta espressione dell’ambiente Internet che solo in collaborazione o co-regolamentazione può tentare di individuare delle soluzioni per ridurre il “rischio devianza digitale”.

La legge inoltre – per quanto debole – è il primo Atto Normativo che riconosce ufficialmente e formalmente lo stato di Vittima a chi fino a ieri era stato solo esposto a una “ragazzata”. Rappresenta la leva sociale per disinnescare le dinamiche di omertà alimentate da una scuola che fa finta di non vedere e da una società adagiata sull’indifferenza e il cinismo. Fatti veri riferiti dall’interessata raccontano un contesto sociale che liquida l’episodio di una ragazza schernita sul web per una foto osé diffusa dall’ex fidanzatino con la frase: “perché ha donato lo foto? In questo modo se l’e’ cercata”.

Occorre un’inversione di tendenza culturale secondo cui lo stigma sociale venga scagliato sull’hater e non sulla vittima. Un’inversione di tendenza culturale secondo cui l’introduzione dell’intelligenza artificiale e dei robots non viene ignorantemente subita ma viene regolata in virtù di parametri di sostenibilità.

Secondo un’iperbole di ottimismo potremmo ritenere che la legge sul cyberbullismo è’ molto più di una legge dedicata ai minori. Ove effettivamente applicata nasconde in se’ i germi in potenza di una “Rivoluzione Umanitaria Digitale” atta a imprimere alla “neutralità economica” del Cyber-oligopolio le istanze effettive dei diritti della Persona.

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