L'INTERVISTA

Liscia: “Meno fisco per l’e-commerce”

Il presidente di Netcomm: “Bene le priorità per l’Agenda, ma serve affrontare il tema dei pagamenti elettronici su cui siamo i più arretrati. Moral suasion sulle banche e soglia più bassa per il contante”

Pubblicato il 13 Nov 2013

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“Belle le priorità di Caio per l’Agenda digitale, aiuteranno l’e-commerce. Ma non bastano mica, però… “. Roberto Liscia, presidente del consorzio per il commercio elettronico Netcomm, è da anni che fa lobby perché i governi italiani si interessino al tema. Adesso vede in azione i tasselli giusti, con il programma di Francesco Caio, commissario all’Agenda presso la Presidenza del Consiglio. Ma i ritardi italiani sono tali da richiedere una terapia d’urto.
I ritardi dell’Italia sull’e-commerce: facciamo il punto.
Sì, perché ci sono i nuovi dati della nostra associazione europea eCommerce Europe. Risulta che nel 2012 l’Europa ha superato gli Usa nel fatturato. L’Italia è cresciuta del 17%, a 10 miliardi di euro, ma siamo ultimi in Europa. Da ottobre 2011 a luglio 2013 siamo passati da 9 milioni a 14 milioni di utenti e-commerce, ma ancora restiamo indietro.
Che ne deduciamo?
L’Italia non sta ancora sfruttando la forte richiesta di beni online che si sta sviluppando nel mondo e in Europa. Questo, nonostante due fatti positivi. Da un lato forte crescita dell’uso dello smartphone. Le vendite online tramite questo strumento nel 2013 sono più che raddoppiate e sono il 10% del totale. Nel settore abbigliamento il dato arriva al 14%. Stiamo recuperando un ritardo causato dalle scarse competenze pc. L’altro aspetto positivo è che la crisi sta spingendo le aziende ad andare online. A ottobre la Coop ha lanciato l’e-commerce no food. EatItaly pure vi sta puntando. Tutti i grandi marchi della moda ci lavorano e persino piccole aziende di abbigliamento vanno su piattaforme internazionali per vendere in tutto il mondo.
E quali sono i fattori che ci rallentano?
Sono tre. C’è un ritardo infrastrutturale, culturale e della PA che non ha educato i cittadini a usare gli strumenti online. Sulle coperture a 30 Megabit al secondo siamo molto lontani dalla media europea: 14 contro 54%.
Ma c’è bisogno di tanta banda?
La banda ultra larga è un fattore abilitante. Certo per comprare un biglietto non ce n’è bisogno, ma per prodotti più complessi sì. Se su un sito di abbigliamento guardiamo un video, compariamo prodotti, magari con immagini navigabili in 3D, l’ultra velocità fa la differenza.
Forse pesa di più il ritardo culturale di quello infrastrutturale, però.
Sì, sono d’accordo. Il 38% degli italiani non ha mai usato Internet, contro una media europea del 22%. Questo pesa sia sulla popolazione sia sulle aziende. Di cui solo il 4% fa e-commerce, contro il 15% della media europea.
L’Agenda digitale è la risposta?
Caio è molto competente. Si è focalizzato su tre priorità, Anagrafe nazionale, identità digitale e fattura elettronica. I primi due punti sono importanti per l’e-commerce, come stimolo culturale, ma ancora di più lo è la fattura elettronica. Se l’azienda sviluppa un meccanismo di fattura digitale, può utilizzarla nei rapporti non solo con la PA ma anche con altre aziende. Si risolve così uno dei problemi del commercio elettronico italiano: il ritardo della filiera nei rapporti tra fornitori e aziende clienti.
Ci bastano le tre priorità di Caio?
No, ci sono altri temi su cui il Governo deve impegnarsi. Primo, i pagamenti: siamo il Paese più arretrato su uso della moneta elettronica. Bisogna fare moral suasion sulle banche per ridurre i costi del Pos ma anche abbassare la soglia dell’uso del contante da 3mila a mille euro. Ricordo inoltre che insieme al sistema bancario Netcomm ha lanciato MyBank. Un meccanismo che permette di pagare online con il proprio conto bancario. Ad oggi ci sono 12 milioni di italiani che possono pagare così, grazie all’accordo con le principali banche. Il Governo dovrebbe fare come quelli di altri Paesi, che spingono l’uso online dei sistemi di pagamenti bancari, in alternativa a quello dei circuiti di carte. Potrebbe rendere obbligatorio per tutte le PA adottare anche questo mezzo di pagamento. In Italia il 53% degli utenti Internet che non hanno mai acquistato online dichiara che lo farebbero per la prima volta con uno strumento di home banking. Non si fidano a mettere i propri dati di carta di credito online.
E per l’export quali misure proponete?
Servono agevolazioni e defiscalizzazioni sugli investimenti tecnologici finalizzati a lanciare servizi e-commerce, in particolare per l’export. Si potrebbe fare un’Iva agevolata per le vendite all’estero. In definitiva, il Governo adesso è attento all’Agenda digitale, ma non lo è abbastanza rispetto ad altri Paesi.
Non ci rendiamo conto che le transazioni online stanno causando uno spostamento dei flussi finanziari mondiali. Solo le grandi aziende lo intercetteranno. Servono nuovi modi di aggregazione con cui le Pmi possano competere sui mercati internazionali. Cioè aiutare la nascita di quelli che Netcomm da tempo chiama i distretti digitali.

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