In un clima di crescente attesa il Governo continua nella sua instancabile opera di diffusione del verbo digitale, confermando impegno e lungimirante apertura verso gli orizzonti fatti di identità digitali, Pec firme digitali e così via. Tutto bello, ma ancora il traguardo è lontano. E non solo perché scarseggiano le professionalità (nonostante dal 1° gennaio del 2006 il Cad chieda invano investimenti sulla formazione per i dipendenti pubblici), manca l’adeguato stanziamento di fondi (è una barzelletta la digitalizzazione a costo zero delle ultime finanziarie) e non abbiamo tutte le regole tecniche. Ma anche perché in certe occasioni si ha proprio la sventura di trovarsi di fronte a un senso di vertigine a cui il giurista non è abituato: la mancanza di norme sulle quali poggiare i piedi.
Vi propongo, come esempio di quanto sostengo, un breve ma educativo viaggio tra le norme del Codice dell’amministrazione digitale (il più volte “rattoppato” D. Lgs. 82/2005). Uno degli articoli più importanti, dedicato alla firma elettronica autenticata da un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, è l’art. 25, nel quale si legge testualmente al comma 4: “se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell’originale, secondo le disposizioni dell’articolo 23, comma 5”. Quante volte potrà succedere in uno studio notarile o in un endoprocedimento di una PA di allegare un atto a un altro? Direi spesso, e allora questo articolo è davvero utilissimo e si completa attraverso un altro comma contenuto in un altro articolo, secondo un principio che dovrebbe animare qualsiasi testo di legge: la sistematicità dell’apparato normativo. Bene, ho provato a fare questo gesto semplice di completare l’art. 25 comma 4 con il comma 5 dell’art. 23 e, inaspettatamente, ho scoperto che di quel comma non c’è traccia! L’art. 23 ha solo 2 commi.
Che fine ha fatto il comma mancante? Non si sa… si sa solo che nella foga inesauribile di legiferare su questi argomenti e poi di rattoppare e ricucire e di inserire novità, alla fine si perdono i pezzi; quando invece una norma, come il buon vino, andrebbe fatta decantare per molto tempo, prima di “ritoccarla”, in modo che possa invecchiare bene, garantendo la necessaria sistematicità al nostro ordinamento giuridico. E per materie così delicate si dovrebbe stare ancora più attenti a legiferare bene.
Voi penserete che è solo un caso, che tutto il resto vada bene e il nuovo governo proceda oggi con adeguata attenzione. Lo speravo anche io.
E invece è di questi giorni l’ottima notizia che lo scorso 3 dicembre il ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione Gianpiero D’Alia ha firmato i decreti relativi alle nuove Regole tecniche sul protocollo informatico e sul sistema di conservazione dei documenti che si attendevano da anni e dei quali si aspetta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Ecco, consultando l’articolo 1 comma 2 di entrambe queste regole tecniche si legge che “le specifiche tecniche relative alle regole tecniche di cui al presente decreto sono indicate nell’allegato n. 2 relativo ai formati, nell’allegato n. 3 relativo agli standard tecnici di riferimento per la formazione, la gestione e la conservazione dei documenti informatici, nell’allegato n. 4 relativo alle specifiche tecniche del pacchetto di archiviazione e nell’allegato n. 5 relativo ai metadati”.
Tutto giusto, perfetto e completo… peccato che il ministro D’Alia queste ulteriori regole e tutti questi allegati non li abbia firmati e di loro si sia persa ogni traccia!
E parlare di protocollo, gestione e conservazione di un documento, senza deciderne, regolamentarne e standardizzarne i formati e il processo di formazione, dal punto di vista informatico è un po’ come costruire un edificio dimenticandosi delle fondamenta. Che fine ha fatto la norma mancante? Speriamo salti presto fuori senza rendere necessarie troppe investigazioni.