Per intervenire concretamente sulla competitività del nostro sistema Paese il nuovo governo dovrà necessariamente razionalizzare le politiche di e-government che si sono succedute, in modo piuttosto caotico e discontinuo, durante le ultime legislature. Innanzi tutto fissando dei criteri definitivamente vincolanti per l’informatizzazione e l’interoperabilità tra tutte le strutture che compongono la pubblica amministrazione.
Ciò consentirebbe di innescare un circuito virtuoso fatto di risparmi, che gli analisti stimano tra il 15 e il 20% rispetto agli attuali volumi di spesa, e quindi di risorse da destinare per lo sviluppo. Contemporaneamente si favorirebbe l’affermazione di un nuovo paradigma nel rapporto tra stato e cittadini, basato su servizi più accessibili, sempre disponibili, su una reale interazione e non più su un’informazione unilaterale e calata dall’alto. In fondo non si tratta che di dar seguito agli impegni assunti dal nostro Paese con l’adesione al programma di sviluppo Europa 2020 definito in ambito Ue.
Verosimilmente l’unica priorità che il nuovo esecutivo riuscirà ad affrontare nei primi 100 giorni di governo è rappresentata dall’emanazione dei decreti attuativi per i provvedimenti contenuti all’interno dell’Agenda digitale. Rispettare il calendario previsto dal disegno di legge sullo sviluppo, approvato dalle Camere lo scorso mese, rappresenterebbe già una piccola vittoria, in grado di ridare qualche prospettiva di competitività all’intero Paese e ossigeno a un settore da troppo tempo in apnea.