Luna: “Basta nomine, tutti possono diventare campioni digitali”

Il Digital Champion racconta a CorCom perché l’associazione si è sciolta: “Si rischiava di irrigidire troppo la nostra azione”. Prossimo obiettivo: un evangelizzatore in ogni azienda

Pubblicato il 18 Gen 2016

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“Da gruppo a fan page”. Usa questa metafora Riccardo Luna per spiegare a CorCom lo scioglimento dell’associazione Digital Champions per fare spazio al “movimento dei Campioni Digitali”.

Cosa vi ha spinto a prendere questa decisione?

Abbiamo rilevato, tutti insieme, che i risultatI raggiunti in un anno sono stati straordinari. Tanti, tantissimi ragazzi si sono impegnati a far germinare il seme dell’innovazione, anche nei Comuni piccoli. Sono riusciti a far capire che le nuove tecnologie servono per creare benessere ai cittadini, a valorizzare il territorio, a fare crescere economia e società. Un grade lavoro di evangelizzazione digitale.

Perché non continuare così allora?

Perché la forma dell’associazione rischiava di diventare troppo rigida per una realtà che si sta allargando sempre di più – sono ancora moltissimi coloro che voglio impegnarsi su questo fronte. In questo contesto non è più necessario “nominare” i campioni digitali, controllare i curriculum, i progetti, le competenze. Già un anno fa avevo chiarito che dopo 12 mesi avremmo fatto un check per fare verificare il nostro modo di lavorare e il modello scelto.

I campioni digitali non saranno più nominati, dunque. Basterà questo ad arginare le polemiche intorno al vostro operato?

Basta nomine, non mi interessa creare un’aristocrazia digitale, magari contrapposta ad altri che sono lo stesso “campioni” battendo altre vie. I champions dovranno firmare il manifesto europeo dei Digital Champions che verrà pubblicato domani. Un sorta di decalogo per promuovere l’innovazione che ha da poco ricevuto l’ok della Commissione europea. Sarà quello il faro della nostra azione. In questo modo togliamo agio a chi ha criticato i DC per la forma partito che avevano – a detta loro – assunto. Lo dico chiaramente: io non nominerò più nessuno, i campioni saranno una community aperta, una grande rete per fare l’Italia digitale.

Cosa vogliono essere i “nuovi” campioni digitali?

Sicuramente non un partito o roba simile. Sono convinto che solo le migliori esperienze di volontariato abbiano la capacità di mobilitare energie nascoste che questo Paese ha. E noi siamo una gran bella esperienza di volontariato diffuso che si alimenta e si rafforza per il fatto di muoverci come una vera rete di persone. Si tratta di una valore aggiunto che è stato compreso anche in realtà rigidamente organizzate come i ministeri: nel piano Scuola Digitale il Miur ha introdotto la figura degli animatori digitali sulla falsariga dei Digital Champions. E lo stesso fa il ministero dei Beni Culturali con il piano dei musei digitali che immagina un campione digitale in ciascun museo

Avete fatto scuola, dunque. E adesso?

Adesso si apre una nuova fase. Abbiamo iniziato con la PA “aggredendo” digitalmente i Comuni, ora tocca anche al mondo delle imprese. Immagino campioni digitali che cambino la fabbrica, l’azienda, il posto di lavoro. Sarebbe bello se ogni azienda “adottasse” un hacker o un maker.

Che bilancio fa di quest’anno di lavoro?

Credo che i DC abbiano vinto. O meglio ha vinto l’idea che la digital transformation non è solo una questione di soldi e di infrastrutture, ma è soprattutto una grande partita culturale che riguarda tutti e nella quale tutti devono dare un contributo. Oggi, anche grazie a noi, si è finalmente capito Volevamo provare a innescare un cambiamento reale nel paese e ci stiamo riuscendo.

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