Sulla scrivania del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, potrebbe presto arrivare un dossier, a cui sta lavorando il team di ricercatori dell’Osservatorio Agenda digitale del Politecnico di Milano. La tesi è molto semplice: per favorire la diffusione dei servizi di m-payment servono incentivi governativi, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove la diffidenza verso la moneta elettronica è da sempre molto forte. A trarre vantaggio da un sistema di incentivazione pubblica sarebbero non solo gli esercenti e i consumatori, beneficiari delle agevolazioni, ma lo stesso governo che, grazie alla tracciabilità dei pagamenti, avrebbe un’arma in più per combattere l’evasione fiscale.
Ad anticipare i contenuti dello studio a Cor.Com è Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda digitale. “Speriamo di portare a termine il progetto nel giro di tre quattro mesi”.
Perché il governo dovrebbe concedere incentivi sul mobile payment?
Se si lavorasse sugli incentivi fiscali o su altre forme di premialità ci sarebbero meno resistenze all’innovazione e ciò aiuterebbe lo Stato a contrastare l’evasione fiscale. Molti paesi del Sudamerica, con i nostri stessi problemi in termini di transazioni in nero, stanno andando verso questa direzione. Del resto, l’accesa polemica degli esercenti contro l’obbligo all’utilizzo dei pos per pagamenti superiori ai 30 euro dimostra che il governo non può andare avanti solo a suon d’imposizioni.
La rivoluzione “mobile” potrà toccare anche la PA?
Sarebbe interessante condividere il nostro progetto anche con il ministero della PA. Il mobile payment potrebbe essere utilizzato dai contribuenti per pagare tasse e servizi. A tal proposito, c’è un’iniziativa interessante che stanno portando avanti le banche. Si chiama “Cbill” ed è un modello standard informatico adottato dai gruppi bancari italiani che consente ai correntisti di pagare le bollette attraverso il proprio home banking. Il progetto è gestito da Cbi, il consorzio dell’Abi che si occupa di innovazione digitale. L’aver adottato uno standard informatico unico renderà certamente più rapida la diffusione del servizio.
Secondo Juniper Research, nel 2017 una persona su quattro farà acquisiti sfruttando i servizi di m-payment. Le sembra una previsione verosimile anche per l’Italia?
Sì, mi sento di sottoscriverla. In Italia le banche e le grandi società di Tlc, fino a oggi, hanno lavorato insieme, utilizzando soprattutto lo standard Nfc che mette in comunicazione i pos con le sim del cellulare, rendendo possibili le transazioni. Tuttavia, adesso si sta facendo strada anche una tecnologia alternativa, basata sul sistema Hce (Host card emulation), dove le informazioni viaggiano non più dalla sim del cellulare ma dal cloud, un sistema che pone chiaramente fuori gioco le società di Tlc. Lo sviluppo di questo modello alternativo è un rilevante fattore di pressione competitiva, che farà bene al mercato e accelererà il lancio di nuove offerte commerciali.
Fino a poco tempo fa i servizi di pagamento digitale erano monopolio delle banche. Adesso un peso importante lo hanno conquistato le società di telecomunicazioni e i giganti informatici. Come evolverà il mercato? Ci saranno alleanze o, in futuro, ognuno andrà per la sua strada?
Il recente sviluppo della tecnologia Hce sarà una boccato d’ossigeno per le banche e aumenterà il loro potere negoziale anche rispetto alle società di telecomunicazione. Sicuramente i gruppi creditizi si trovano a fronteggiare, in questo segmento di attività, altri competitor non bancari. Eppure non penso che questa concorrenza toglierà loro quote di mercato. Credo invece che si svilupperanno interessanti alleanze tra operatori bancari e quelli delle telecomunicazioni e dell’Ict, ognuno portatore di valore per l’altro. Lo dimostra il fatto che la stessa Apple abbia scelto di offrire i propri servizi di mobile payment in collaborazione con le banche e non in autonomia.
Pwc sostiene che il mobile payment, per creare valore, dovrebbe essere interpretato soprattutto come una soluzione che rivoluzioni l’esperienza di consumo. Che ne pensa?
Si stanno sviluppando tante esperienze in tal senso, pur se ancora non di massa. Diverse multinazionali della ristorazione, come ad esempio Starbucks e Mc Donald’s, stanno interpretando il mobile payment come mobile commerce. Il cliente utilizza il proprio cellulare non solo per effettuare i pagamenti, ma anche per scegliere e ordinare il menù. Il mobile payment viene, dunque, concepito come un punto di partenza per assistere il cliente in ogni fase del processo d’acquisto. Nella grande distribuzione organizzata assumerà sempre più importanza garantire al consumatore la gestione, attraverso il proprio smartphone, non solo dei pagamenti, ma anche delle raccolte punti e delle carte fedeltà.
M-payment, Perego: “Incentivi fiscali per vincere le resistenze”
Parla il responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda digitale del Polimi: “Per lo Stato è una chance per contrastare l’evasione fiscale. Presenteremo un dossier al ministro Guidi”
Pubblicato il 19 Nov 2014
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