La Dichiarazione dei diritti in Internet? Ridondante e controproducente. L’Istituto Bruno Leoni (Ibl) boccia la bozza prodotta dalla Commissione parlamentare per i diritti e i doveri in Internet nella propria risposta alla consultazione pubblica a cui il documento è stato sottoposto.
L’Istituto Bruno Leoni evidenzia in particolare che “scopo implicito della bozza di Dichiarazione è quello di “riportare l’ordine” in Internet, partendo dalla considerazione che anche lì, come altrove, possano compiersi violazioni di diritti e disordini di varia natura. Tale fine presuppone, tuttavia, che ci sia bisogno di riconoscere principi e diritti che si aggiungano a quelli oggi riconosciuti e tutelati da fonti normative sovranazionali e/o costituzionali, completando o innovando la protezione dei diritti già vigente”.
Al contrario, prosegue il documento, “i principi e i diritti menzionati sono tutti già consolidati e noti nell’ordinamento giuridico nostro e della maggior parte degli ordinamenti occidentali: pertanto, la Dichiarazione appare, nel complesso, ridondante e potenzialmente perfino controproducente. Infatti Internet, dal punto di vista giuridico, non è uno spazio esterno alla realtà: su Internet vengono stipulati contratti e commessi illeciti, effettuate transazioni, contratte obbligazioni e perpetrati reati secondo la legislazione già vigente per il mondo reale, di cui Internet fa comunque parte”.
Per Ibl se su Internet vengono commesse truffe “non sarà certo un’inflazione di provvedimenti ad hoc a evitarle o punirle, non più di quanto già non possano e debbano essere evitate e punite dal diritto vigente”.
Secondo gli economisti l’articolo 2 della Costituzione garantisce già “i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi” siano essi “in Internet”o meno. Inoltre la risoluzione L13 del 6 luglio 2012, ad opera del Consiglio per i diritti umanidell’Onu, ha affermato chiaramente che i diritti umani sono validi online tanto quanto offline.
“Né si vede perché mai il diritto di accedere a Internet in condizioni di uguaglianza e parità (se ne parla nell’articolo 22 della bozza ndr) -si legge nella risposta di Ibl – non dovrebbe essere protetto dal già esistente diritto al pieno sviluppo della personaumana e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica esociale del Paese di cui all’art. 3 della Costituzione, indipendentemente che si tratti di accesso a Internet o meno”.
Per quanto riguarda, invece, diritto di accesso a Internet, in senso formale, quale strumento necessario per la realizzazione della libertà di manifestazione del pensiero, “risulta che tale libertà è già contenuta (ed è certamente applicabile anche alla Rete) nell’articolo 21 della Costituzione, secondo cui “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, loscritto e ogni altro mezzo di diffusione”, nonché nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nel Trattato sull’Unione Europea”.
E anche da un punto di vista sostanziale, cioè come cosiddetto “diritto sociale” e pretesa soggettiva a prestazioni pubbliche, “il diritto di accesso a Internet è indubbiamente già contenuto nell’artcolo 9 della Costituzione, nonché espresso chiaramente in più occasioni dal Parlamento europeo, ad esempio nella Risoluzione del 10 aprile 2008 e nella Raccomandazione del marzo 2010 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet”, ricorda Ibl.
L’unico articolo della bozza che presenta carattere realmente innovativo è quello relativo alla neutralità della rete (articolo 33 della bozza). “Tuttavia, anche tale previsione si presta a dubbi di duplice ordine . dicono da Ibl – In primo luogo, una decisione di tale portata necessita indubbiamente di un più approfondito dibattito parlamentare. In ogni caso, è necessario rilevare che il Parlamento Europeo e il Consiglio hannogià proposto un regolamento riguardante il mercato unico europeo delle comunicazionielettroniche, che riguarda anche lanet neutrality ed è in via di approvazione definitiva. Pertanto, qualunque documento legislativo o para-legislativo sul tema soggiacerebbe al primato della normativa europea”.
Dubbi anche sul riferimento alla privacy. “Il diritto alla protezione dei dati personali (articolo 44 della bozza) è stabilito espressamente dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – si precisa nel documento – La Costituzione italiana non contiene un adisciplina esplicita del diritto alla privacy, ma il fondamento costituzionale è rinvenibile, da un lato, in disposizioni di carattere generale come gli articoli 2 e 3 della Costituzione e, dall’altra, in fattispecie di tutela singole e specifiche. In ognicaso, il tema del trattamento dei dati personali è l’oggetto del D. Lgs. 196/2003, che costituisce la base normativa del diritto alla riservatezza dei dati personali nel nostro ordinamento”.
Per Ibl, più che enunciare solennemente diritti già esistenti e tutelati da altre norme, “la migliore posizione che potrebbe adottare la classe politica verso la Rete sarebbe quella distarne lontana professando una sana ‘umiltà regolamentare’ e riconoscendo che il successodi Internet dipende da un’evoluzione spontanea e libera da ‘poteri forti’ cristallizzati: a partireda quelli di matrice politica”.