CAMERE E INNOVAZIONE - 19

Malpezzi (Pd): “Spingere sulla scuola digitale”

La deputata: “L’apertura a giugno di 5mila cantieri sarà una grande opportunità per adeguare gli istituti nelle infrastrutture materiali e immateriali. E servono investimenti sull’alfabetizzazione dei docenti che devono essere messi in grado di utilizzare le nuove tecnologie”

Pubblicato il 02 Mag 2014

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Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.

Risponde Simona Malpezzi, classe 1972, eletta alla Camera a marzo 2013 nella lista del Partito democratico, è iscritto al gruppo parlamentare Pd. Fa parte della VII commissione Cultura, Scienze e istruzione.

Onorevole Malpezzi, perché ha deciso di aderire all’intergruppo parlamentare sull’Innovazione?

Intanto sono interessata a lavorare anche con persone di altre forze politiche, credo che possano nascere collaborazioni interessanti. E poi perché credo nell’innovazione e nelle nuove tecnologie: la sfida dell’agenda digitale sarà fondamentale per il lavoro, l’occupazione e la scuola. Faccio parte della settima commissione, mi occupo di scuola sia in Parlamento sia per il Partito, e sono convinta che la scuola si può cambiare anche partendo dall’agenda digitale e dalle nuove tecnologie.

Quali sono le sfide più immediate con cui siete chiamati a misurarvi su questi temi in commissione?

Già nel decreto Carrozza avevamo recepito alcuni emendamenti sulla digitalizzazione delle scuole, che non vuol dire soltanto wifi, perché il wifi senza che ci sia una vera e propria rete di connessione tra gli istituti, che li faccia funzionare davvero in rete, non sarebbe risolutivo. Come Partito democratico stiamo lavorando a fianco del Governo sul piano di edilizia scolastica, per l’apertura di 5mila cantieri a giugno: la nostra posizione è che edilizia scolastica vuol dire architettura per l’apprendimento, cioè edifici pronti a offrire agli studenti infrastrutture materiali e immateriali, quindi tutte le opportunità di cui hanno bisogno, comprese quelle della rete. Visto che avremo scuole che verranno costruite o ristrutturate, è fondamentale che il modello sia quello della scuola digitale.

C’è anche una partita di alfabetizzazione dei docenti?

In questo credo fermamente. Spesso diciamo che abbiamo la classe docente più vecchia d’Europa, e che c’è necessità di introdurre forze nuove, ma non si tiene conto che non è semplicemente una questione di età, ma del fatto che i docenti non sono stati alfabetizzati alle nuove tecnologie. Si trovano a insegnare a classi di nativi digitali senza avere le strutture e le competenze per poterlo fare. Nel passaggio alla scuola 2.0 è necessario investire nella formazione dei docenti, puntando anche sul fatto che possono essere gli stessi docenti a formare i loro colleghi: nel Paese esistono esperienze importanti che non vanno disperse. Le classi digitali devono diventare una prassi, e con i decreti attuativi del decreto Carrozza potranno essere gli stessi studenti e gli stessi insegnati a creare i libri di testo, che per la maggior parte saranno testi digitali. Dobbiamo crederci. C’è una legge che obbliga entro il 2015 tutti gli editori a trasformate i testi scolastici in testi digitali.

Quanto la sinergia trasversale tra Camere, commissioni e partiti può essere utile per modernizzare il Paese?

E’ fondamentale. Un esempio: faccio parte del comitato ristretto della proposta di legge per la continuità didattica nei paesi di montagna e piccole isole: lavorando con l’intergruppo ci sarà la possibilità di proporre emendamenti che possano potenziare il modello di scuola digitale anche in quell’ambito. E allo stesso modo io posso vedere cosa succede nelle altre commissioni e fare le mie proposte. Lavoriamo in rete, e c’è una piattaforma che ci consente di confrontarci e contribuire in tempo reale, e questo è un forte valore aggiunto per tutti.

Il Parlamento è consapevole della centralità del tema dell’innovazione?

La sensibilità è alta. Poi c’è la paura da parte di alcuni, che magari non hanno confidenza con gli strumenti e forse per questo hanno qualche resistenza nell’avvicinarsi all’intergruppo. Registro di sicuro una grande curiosità, a volte un po’ di paura rispetto all’approccio, ma non ho mai trovato un atteggiamento di chiusura o di ostilità. Solo i miopi non si rendono conto che questi temi sono il futuro del lavoro e della pubblica amministrazione.

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