IL DISCORSO

Marco Gay: “Delusi dalla manovra, sul digitale il governo cambi rotta”

Il presidente di Anitec-Assinform critica i tagli al piano Impresa 4.0 e avverte: “Serve una legge di bilancio che non sia soltanto credibile per Bruxelles o i mercati ma sostenibile per chi lavora e produce in Italia. Pronti a collaborare per un piano nazionale per lo sviluppo dell’innovazione”

Pubblicato il 25 Ott 2018

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Sul digitale il governo cambi rotta. L’appello arriva dal presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay, in occasione della presentazione dello studio “Il Digitale in Italia” che disegna un Paese dove il mercato dell’innovazione cresce a ritmi sostenuti, arrivando a doppiare il Pil, ma dove le misure della manovra che tagliano i fondi, soprattutto al piano Impresa 4.0, rischiano di provocare una brusca frenata.

“Investire nel digitale è, già oggi, la risposta più efficace e concreta per innalzare la produttività del nostro sistema-Paese  – ha evidenziato Gay – Una spinta così forte che anche il World Economic Forum ha rivisto i parametri della sua classifica internazionale sulla competitività in base alla quarta rivoluzione industriale. E benché il ranking sia ancora guidato da Stati Uniti, Singapore e Germania, l’Italia sale dal 43esimo posto al 31esimo. Un risultato ancora migliore lo conseguiamo nella capacità di innovazione dove l’Italia è 22esima”.

Numeri che- secondo il presidente dell’associazione – raccontano di come il Paese, negli ultimi anni, abbia accelerato tantissimo sulla digital transformation: “Gli investimenti in early stage lo scorso anno sono cresciuti del 16,5%, quelli privati di venture capital e business angel nei primi 9 mesi del 2018 hanno toccato i 307 milioni, quelli in nuovi macchinari hanno viaggiato a tassi del 35% e quelli in ricerca e sviluppo nel settore Ict sono stati di oltre 12 miliardi, ovvero il 2,3% del proprio fatturato contro una media dello 0,3% di tutti i settori produttivi”.

A questi vanno aggiunti gli sforzi delle istituzioni: politiche per l’innovazione come il Piano Impresa 4.0, per l’ammodernamento della pubblica amministrazione come il Piano Triennale, per lo sviluppo diffuso delle competenze come i competence center o la scuola digitale. “Il solo Piano Industria 4.0 nel 2017 ha generato investimenti in ambito Ict per 2,2 miliardi di euro”, ha spiegato.

Una eredità che non può andare perduta ma che invece rischia grosso se non si darà continuità ai piani nazionali di stimolo all’innovazione.  Gay esprime “profonda preoccupazione e delusione per le scelte che si stanno compiendo in questi giorni”.

“Non mettiamo in dubbio che la manovra sia per l’espansione della domanda e dei consumi attraverso l’assistenza al reddito ma vi chiediamo se sia anche costruttiva su ciò che crea vera e solida crescita e benessere sociale: impresa e innovazione. Perché se la risposta è no, o non abbastanza, è essenziale cambiare rotta e farlo velocemente”, ha avvertito.

Nel mirino dell’associazione i tagli al piano Impresa 4.0 che riducono le aliquote  dell’iperammortamento ed eliminano il superammortamento. Non è tagliando gli investimenti che si produce innovazione e crescita. Semmai, ha ricordato il manager, introducendo l’iperdeducibilità delle spese per software, sistemi e servizi IT erogati in cloud o via piattaforma web, come da proposte di Confindustria.

“Semmai è potenziando la defiscalizzazione del capitale di rischio in startup innovative, pmi innovative e progetti di open innovation dal 30% al 50% – ha proseguito Gay – Semmai è con una PA basata su un set di requisiti minimi e comuni a 8mila comuni, 20 regioni e all’amministrazione centrale che sia omogeneo, efficace ed efficiente”.

Gay auspica una manovra che non sia soltanto credibile per Bruxelles o i mercati ma sostenibile per chi lavora e produce in Italia e per le generazioni che lo faranno dopo di noi. “E perché sia così non è possibile che su 37 miliardi solo una minima parte venga destinata agli investimenti e il grosso vada in spesa corrente – ha avvertito – C’è ancora modo di intervenire in sede parlamentare e ci auguriamo davvero che la politica comprenda la necessità di farlo”.

“Serve uno sforzo maggiore e collettivo – ha concluso – Serve un piano di politica industriale per l’innovazione che parta dall’Italia e diventi tema di discussione a Bruxelles. Su questo dovrebbero giocarsi le prossime elezioni europee, non su chi sfora più il deficit, perché la Cina ha una politica industriale ben chiara basata su acquisizione di materie prime in Africa e di tecnologia in Ue, gli Usa idem fra energia e dazi, ma l’Europa non ha questa visione dai tempi dell’Industrial Compact. La competizione internazionale è alta e le istituzioni, la politica, non possono tirarsi indietro. Il digitale è la nostra occasione per crescere, come aziende, come cittadini, come Paese”.

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