È cominciato tutto con un blog. Anzi, con il licenziamento. Che avviene nel 2003 quando David Meerman Scott, un passato da trader negli anni Novanta e poi da giornalista economico per la Thomson per 9 anni in Asia, viene licenziato a seguito dei tagli per la fusione con la Reuters. “È stata la mia più grande fortuna”, dice l’autore e consulente di marketing arrivato in Italia per presentare il suo libro. “Quando ho perso il lavoro ho avuto la possibilità di fermarmi, pensare a cosa stava succedendo attorno a me e riflettere su cosa sapevo veramente fare”, dice Scott.
A questo punto entra in gioco il blog, che Scott teneva dall’inizio del nuovo millennio e che ha continuato a pianificare ed eseguire con metodica e scientifica precisione: tre post alla settimana, a cui si aggiungono poi gli interventi programmati su Facebook e Linkedin e, più di recente, una mitraglia continua su Twitter: “Almeno una ventina di tweet al giorno: non pianifico quello che devo fare, ma pianifico quanto e come farlo, per avere spontaneità ma anche continuità”.
Il blog prende quota, i temi trattati sono quelli delle relazioni pubbliche all’epoca di Internet, e in poco tempo la filosofia di Scott diventa conosciuta. “Avevo dalla mia il fatto di aver lavorato sin dagli anni novanta su sistemi di bond trading, abituato a un flusso di informazioni in tempo reale in un mondo che all’epoca aspettava il telegiornale della sera o il quotidiano del giorno dopo per informarsi. Poi l’agenzia finanziaria, che mi ha aiutato a capire sempre di più il senso del flusso delle informazioni che provengono da migliaia di fonti diverse, in contemporanea. Quel che vedo sono alcune cose di base su come una azienda si può muovere per avviare la conversazione con i suoi clienti, partecipare in rete, costruire relazioni, far circolare le sue idee, entrare nel sistema dei media e tutto questo senza bisogno di essere colossi o multinazionali, ma anche semplici Pmi”. Sono pochi consigli, che Scott mette assieme in un e-book in inglese da 25 pagine che lascia a disposizione sul suo sito: “Niente copyright, ma solo Creative commons per consentire a tutti di ridistribuire il mio e-book, e poi niente raccolta di e-mail o cose del genere per scaricarlo. Libero, come deve essere”.
È un successo clamoroso. Viene scaricato centinaia di migliaia di volte e ripreso da alcuni dei più importanti blogger e autori nel settore del marketing. Scott intuisce di essere a una svolta e decide di darsi da fare sul serio: “Metto assieme il materiale: le statistiche sull’e-book, i dati sul mio nome in rete, l’endorsement dei grandi opinion leader via Internet, e vado dal più grande editore americano, Wiley, proponendogli di fare il libro. E Wiley ci sta”. Avanti veloce: nove mesi dopo Scott pubblica così quello che è il suo primo e tutt’ora più venduto best seller: “The new rules of marketing and PR” (da noi “Nuove regole di marketing & Pr”), tre edizioni in inglese, 250mila copie vendute, tradotto in 25 lingue diverse.
“Oggi la mia attività è quella di incontrare gli imprenditori in tutto il mondo e parlargli come ho fatto da voi a Milano grazie ad EastCom, azienda di consulenza strategica. E poi continuare a lavorare sui social media, portando avanti le mie idee ma anche il mio marchio, che poi è il mio nome”.
Il pensiero di Scott è radicale. “Quella di Internet è la più grande rivoluzione dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili, che 450 anni fa ci ha fatto uscire dal Medioevo e ci ha fatto entrare nel Rinascimento”.
Scott teorizza che sia necessario diventare editori della propria impresa: “Bisogna essere presenti online, non importa quanto sia piccola l’azienda, e instaurare un dialogo, pubblicare informazioni utili, non solo pubblicità. Ad esempio, se vendessi sci e snowboard non dovrei mettere solo il catalogo prodotti, ma dovrei fare un blog sullo sci di fondo, postare video di atleti della neve, fornire informazioni agli altri media ed essere se stessi in rete. E poi mettere contenuti online costa poco, ti aiutano la folla della rete, ci sono le recensioni che vanno sempre seguite per coltivare i propri supporter e aiutare i clienti in difficoltà”. Un mondo digitale in cui però continua a valere una regola molto tradizionale: “Il marketing anche digitale arriva solo fino a un certo punto: il prodotto alla fine deve essere buono”.