Il Consiglio dei ministri, su proposta del titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha approvato il “Dl Materie prime critiche”, che ha il compito di adeguare la normativa nazionale sul settore minerario agli obiettivi e standard europei previsti dal regolamento Critical Raw Materials Act, in funzione delle transizioni digitale e green.
“Il decreto legge riguarda l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio delle materie prime critiche, perché il regolamento europeo si pone come obiettivo minimale di raggiungere nel 2030 un’autonomia nell’estrazione di materie prime critiche pari al 10% dei consumi europei del 2030 che sono circa cinque volte di più dei consumi attuali. Questo regolamento riduce i tempi autorizzatori per renderli competitivi con altri grandi attori, per raggiungere l’obiettivo nel 2030 e cioè tra 6 anni”, ha commento il titolare del Mimit, Adolfo Urso, durante la conferenza stampa a margine del Cdm.
“Con questo provvedimento abbiamo finalizzato il fondo strategico del Made in Italy e 1 miliardo di euro come prima dotazione proprio a sviluppare la filiera strategica di estrazione delle materie prime così anche per far nascere un grande attore nazionale, che oggi non abbiamo. In occidente le imprese minerarie significative le hanno gli australiani e i canadesi. Oggi tutti i Paesi europei si stanno orientando su questa strada, per non passar dalla subordinazione del carbon fossile russo a una più grave subordinazione alle materie prime critiche e alla tecnologia cinese che oggi detiene quasi il monopolio”, ha aggiunto Urso.
L’approccio alla materie critiche promosso dal decreto
Il provvedimento promuove un nuovo approccio di sistema all’approvvigionamento di materie prime critiche e strategiche. Il decreto, infatti, ha come obiettivo – da un lato – di analizzare la domanda e i fabbisogni del Paese grazie ad attività di monitoraggio delle catene di approvvigionamenti e – dall’altro – di incentivare l’offerta di materie prime.
Più in dettaglio, il decreto ha lo scopo di rilanciare il settore minerario italiano attraverso procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici. Come previsto dal Regolamento, un progetto per essere definito “strategico” deve essere validato dalla Commissione Europea. Una volta ottenuto il sigillo strategico da parte dell’esecutivo Ue, sarà lo Stato a rilasciare le autorizzazioni necessarie, con tempistiche coerenti e migliorative rispetto a quelle previste nel Regolamento.
Il testo prevede che spetti allo Stato il rilascio dei titoli abilitativi o autorizzatori.
La distribuzione delle competenze
Il Mase è l’amministrazione competente per ogni titolo relativo all’estrazione e alle autorizzazioni al riciclo di materie prime critiche strategiche: le tempistiche per la durata della procedura non possono superare rispettivamente i 18 e 10 mesi. Al Mimit compete invece la procedura autorizzativa relativa alla trasformazione di materie prime critiche strategiche, per una durata massima di dieci mesi.
Il provvedimento introduce anche un nuovo sistema di “royalties” per le concessioni minerarie di progetti strategici, che saranno corrisposte annualmente in favore dello Stato e della Regione interessata per progetti su terraferma.
Il Dl prevede inoltre l’istituzione, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, del Comitato tecnico permanente per le materie prime critiche e strategiche, al quale è affidato il monitoraggio delle catene di approvvigionamento, oltre alla predisposizione di un Piano Nazionale delle materie prime critiche.
Sono stati individuati, inoltre, tre “punti unici di contatto”. I primi due presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica per la presentazione delle istanze relative a progetti di estrazione e riciclo. Il terzo è istituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy per la presentazione dei progetti strategici aventi a oggetto la trasformazione.
Il Mimit dovrà analizzare i fabbisogni, monitorare le catene del valore ed eseguire eventuali prove di stress. Per farlo, sarà realizzato, in linea con il Regolamento, il Registro nazionale delle aziende e delle catene del valore strategiche con l’obiettivo di individuare le grandi imprese che operano sul territorio nazionale e che utilizzano materie prime strategiche in una serie di settori cruciali relativi alle batterie, agli aeromobili, ai dispositivi elettronici mobili e alle apparecchiature connesse alla robotica, alla produzione di energia rinnovabile e ai semiconduttori.
Nasce infine un Programma di esplorazione nazionale delle materie prime critiche, attualmente con una dotazione di 3,5 milioni, che dovrà essere promosso dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) entro il 24 maggio 2025 e sottoposto a riesame quinquennale come previsto dal Critical Raw Materials Act.
Già individuate 15 materie critiche “importanti e significative”
“Il regolamento europeo individua 34 materie prime critiche fondamentali alla duplice transizione e di queste 34 materie prime critiche noi ne abbiamo già individuate nel nostro territorio, secondo le vecchie mappe, almeno 15 particolarmente importanti e significative“, ha precisato Urso. “Come previsto dal regolamento, un progetto per essere definito strategico deve essere validato dalla Commissione europea: in pratica un’impresa che individua la possibilità di realizzare un’esplorazione per poi chiedere la concessione di un’estrazione presenta il progetto in sede europea. Se questo progetto viene definito strategico dall’Unione europea interviene la normativa di questo decreto legge che porta a carico dello Stato il processo autorizzatorio necessario per quanto riguarda le materie prime critiche e i progetti definiti strategici”, ha aggiunto il ministro.
Un altro aspetto “che caratterizza l’urgenza” del decreto sulle materie prime critiche è la “remunerazione economica, secondo le attuali molto vecchie normative, del 1927, per l’esplorazione di una miniera la tariffa è 16 euro l’ettaro l’anno. Qui si prevede un regime di royalty sul modello del petrolio in Basilicata che prevede dal 5 al 7% ripartito tra Stato e Regioni“, ha detto il ministro. “È giusto che per lo Stato insieme agli enti locali si possa ricavarne benefici per tutti i cittadini. Quello delle royalty è un tema urgente e particolarmente significativo. Il petrolio del futuro o il gas del futuro sono le materie prime critiche. Io credo che con il meccanismo delle royalty le Regioni potranno trarne gran parte delle risorse necessarie, come accade per la Basilicata con il petrolio”.
Una sfida per il sistema nazionale
“Noi dovevamo assolutamente intervenire per decreto perché i regolamenti sono immediatamente efficaci e pertanto potrebbe esserci un’istanza per l’esplorazione anche per estrazione di minerali e noi non avremmo avuto copertura giuridica per intervenire”, ha detto il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin nella conferenza stampa post-Cdm, sottolineando che con questa procedura si ha anche “una riduzione rispetto alla tempistica europea: si tratta di una sfida che mette a prova anche il sistema nazionale”.
Pichetto Fratin ha aggiunto che come Paese, “siamo attualmente carenti sull’estrazione e in pole position e sulla provenienza da riciclo, con Raee e con altri interventi”, ma “abbiamo anche dei grandi giacimenti, si tratterà di vedere le condizioni di estraibilità: pensiamo al cobalto, ce n’è una parte rilevante sull’Appenino tra Piemonte e Liguria, dalle prime stime è rilevante. Poi le condizioni di estraibilità saranno da valutare caso per caso”.
Il disegno di legge sulla Space economy
Il Cdm, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha anche approvato un disegno di legge sull’economia dello Spazio. Il testo introduce nell’ordinamento la definizione di “attività spaziale”, che comprende il lancio, la gestione in orbita e il rientro di oggetti spaziali ed ogni altra attività realizzata nello spazio extra-atmosferico, oltre all’uso delle risorse naturali, e detta una complessiva regolamentazione dell’eterogenea e vasta attività imprenditoriale privata connessa all’esplorazione dello spazio, anche con espresso riferimento agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall’Italia in materia.
Il disegno di legge quadro sullo spazio “colma una lacuna, soprattutto in una fase in cui nello spazio vanno anche i privati, quindi è importante la regolamentazione, ci pone all’avanguardia tra i vari player globali regolamentando l’attività ed è di impulso significativo per lo sviluppo dell’economia dello spazio”, ha commentato Urso.