IL REPORT

Il mercato analytics rallenta la crescita, giro d’affari a 1,8 miliardi

Secondo i risultati dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School Management del Polimi, il Covid19 frena l’avanzata: dal +26% del 2019 si scende al +6%. Si allarga il divario fra aziende mature ed emergenti. Al debutto la figura del “translator”

Pubblicato il 24 Nov 2020

Cambridge-Analytica-dati-data

L’emergenza Covid-19 rallenta la crescita del mercato analytics italiano che nel 2020 in Italia tocca quota 1,815 miliardi di euro, con un incremento del 6% rispetto allo scorso anno, dopo il 23% registrato nel 2018 e il 26% nel 2019. Il 96% delle grandi aziende sono pronte a mettere in campo iniziative per valorizzare i dati, mentre quelle più tradizionali hanno interrotto o posticipato gli investimenti. Una Pmi su due ha investito (anche se con budget limitati) in Analytics, il 62% ha in corso attività di analisi di dati.

Emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School Management del Politecnico di Milano  – è stata presentata durante il convegno online “Analytics divide: un gap che va colmato” – secondo cui il 52% della spesa è stata puntata su software (in particolare Intelligenza artificiale e Data Science Platform), il 28% sui servizi, il 20% sulle infrastrutture (sistemi di abilitazione agli Analytics in grado di fornire capacità di calcolo e di storage). Il budget Analytics in Cloud cresce del 24% e questa componente arriva a pesare il 19% della spesa (+2% rispetto al 2019). Le banche sono il primo settore per quota di mercato (28%), seguite da manifattura (24%), telco e media (14%), servizi (8%), Gdo e retail (7,5%), assicurazioni (7%), utility (6.5%), PA e sanità (5%).

Si allarga il divario fra aziende

“La crescita del mercato rallenta perché molte organizzazioni hanno ripensato i piani di investimento – dice Carlo Vercellis, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics -. In realtà, si assiste ad un ampliamento del gap tra le aziende mature nella gestione e analisi dei dati e quelle in ritardo. In un contesto di grande incertezza, infatti, quelle mature hanno mostrato maggiore capacità di fornire risposte ai nuovi interrogativi, aumentando le risorse di Data Science, ripensando modelli predittivi e di ottimizzazione. Quelle con un approccio tradizionale, limitato a classiche attività di Business Intelligence hanno interrotto o posticipato gli investimenti, con conseguenze determinanti sulla loro capacità di competere in un mercato sempre più data-driven oriented”.

“La pandemia ha portato a ripensare alcune attività di analisi dei dati, ponendo maggior attenzione all’efficienza, alla presenza di competenze interne e alla governance dei dati e della Data Science – spiega Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics -. Il Covid è stato uno stress test: mentre le aziende più immature hanno visto una riduzione dell’interesse al tema, quelle orientate all’approccio data-driven hanno saputo reinventarsi. Le altre tendenze che emergono dalla ricerca sono l’applicazione del Machine Learning nell’intero ciclo di vita dei dati, l’industrializzazione degli Advanced Analytics e una maggiore maturità organizzativa”.

Imprese “mature” e “non mature”

Oltre 4 grandi imprese su 10 hanno una strategia avanzata anche in ambito Advanced Analytics e possono definirsi mature: il 26% ha progetti operativi e grande richiesta di competenze di Data Science nelle diverse funzioni (data-driven) e il 16% ha avviato sperimentazioni negli ultimi tre anni.

Le aziende immature si dividono tra realtà che hanno discusso idee progettuali e possiedono le competenze per avviare dei progetti (19%), imprese che hanno iniziato ad avvicinarsi al mondo Analytics e hanno figure con abilità di reporting e visualization (27%) e quelle ancora poco consapevoli delle opportunità degli Advanced Analytics, senza profili specializzati né sperimentazioni avviate negli ultimi tre anni (12%).

Nel 2020 il 70% delle grandi imprese ha lavorato per migliorare i propri dati e la capacità di valorizzarli; il 26% prevede di farlo entro la fine dell’anno, concentrandosi soprattutto sulla qualità dei dati (82%), sugli investimenti tecnologici per integrarli (78%), su progetti di Advanced Analytics (61%), su una migliore capacità di project management in quest’ambito (55%) e sugli investimenti in software di Data Visualization (54%).

La risposta all’emergenza

La differenza fra aziende si nota anche nella risposta all’emergenza: solo il 14% delle imprese mature ha messo la valorizzazione dei dati in secondo piano in questi mesi (mentre lo ha fatto il 45% delle immature), anzi il 43% ha intensificato il lavoro di Data Science e il 31% ha avuto benefici in termini di cambiamento culturale data-driven (queste percentuali si fermano rispettivamente al 30% e al 17% fra le imprese immature).

La diffusione di alcune figure professionali fatica a crescere. Nel 2020 rimane stabile la percentuale di imprese che ha inserito un Data Analyst (76%) o un Data Scientist (49%), a conferma della difficoltà delle organizzazioni in ritardo di trovare o formare competenze interni su questi ambiti. I profili più in crescita sono il Data Visualization Expert (presente nel 52% del campione, +31%) e il Data Engineer (58%, +7%), mentre cresce lievemente la presenza del Data Science Manager (24%, +1%).

Emerge la figura dell’Analytics Translator, profilo intermedio fra il team di Data Science e le figure di business, che comprende le esigenze di business traducendole in termini analitici e interpreta i risultati delle analisi svolte. Il 30% delle grandi aziende ne ha già inserito o formato almeno uno e l’8% lo farà entro il 2021.

Il mercato delle Pmi

L’emergenza sanitaria ha ridotto risorse e competenze nelle Pmi ma non ne ha interrotto il percorso di avvicinamento ai Big Data Analytics avviato nel 2019. Nel 2020 una Pmi su due ha investito in ambito analisi dei dati o prevede di farlo entro la fine dell’anno e l’8% ha dovuto bloccare investimenti già programmati a seguito dell’emergenza. Fra le medie imprese ha investito il 61% e solo l’1% ha fermato gli investimenti. Secondo il 22% delle Pmi il Covid ha avuto risvolti positivi per la valorizzazione dei dati perché è aumentata la consapevolezza di quanto sia rilevante (18%) e ha portato le risorse interne a dedicare più tempo a gestione e analisi dei dati (4%).

Soltanto una Pmi su quattro non ha investito né avviato progetti di Analytics (32%), contro il 38% dello scorso anno. Il 6% non ha ancora in corso nessuna attività di analisi dati ma ha effettuato investimenti abilitanti, come l’integrazione delle fonti di dati. Il 24% svolge attività di analisi descrittiva (+6%) e un terzo di queste usa software di Data Visualization dedicati. Sostanzialmente stabile la percentuale di aziende che svolge anche analisi predittive (+38%). Considerando quel 62% di aziende che svolge analisi sui dati, soltanto il 38% svolge attività di integrazione di dati interni e il 28% acquista dati esterni.

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