IL CONVEGNO

Mercato tv, in fuga dalla pay

Le mutazioni dello scenario al convegno di presentazione del libro di Augusto Preta su “Televisione e mercati rilevanti”. Gli effetti della crisi e la migrazione su Internet. I broadcaster chiedono più regole anti-pirateria: “I mancati acquisti derivanti dal download illegale valgono 600 milioni”

Pubblicato il 09 Apr 2013

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Il mercato televisivo è profondamente cambiato negli ultimi 10 anni e questo determina una nuova lettura delle dinamiche concorrenziali tra pay tv e tv in chiaro. Proprio la distinzione tra pay e free, che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni, appare ormai insufficiente a descrivere l’insieme degli operatori presenti sulla scena e tra 5 anni il quadro, grazie alle ‘connected tv’, sarà probabilmente molto diverso dall’attuale. Ma la competizione non è quello che spaventa di più gli operatori televisivi, che piuttosto chiedono azioni contro la pirateria e maggiori tutele per la proprietà intellettuale on line.

È quanto emerso dagli interventi di alcuni operatori, tra cui Sky e Mediaset, al convegno “Televisione e mercati rilevanti” organizzato oggi nella sede dell’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato) e incentrato sull’omonimo libro di Augusto Preta.

Come ha spiegato lo stesso consulente strategico e Ceo di ITMedia Consulting, con l’avvento del digitale terrestre “i canali generalisti hanno perso spettatori ed ora un quarto della platea si indirizza verso canali tematici”. Dal 2009 l’offerta a pagamento ha cominciato a registrare segnali di contrazione: gli abbonamenti di Sky, complice anche la crisi, hanno cominciato a scendere, “con tassi d’abbandono raddoppiati dalla diffusione del digitale, mentre il mercato pay di Mediaset ha iniziato a soffrire in particolare per i prezzi molto elevati per i diritti del calcio. Nel periodo gli ascolti complessivi della tv sono rimasti stabili e chi ha lasciato Sky si e’ indirizzato prevalentemente sui canali tematici”.

Per questo Preta, con il suo volume – introdotto da Salvatore Rebecchini, componente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – ha voluto rileggere e reinterpretare, anche sulla base delle decisioni adottate dalle Autorità di concorrenza e di settore in ambito europeo e nazionale, le scelte in materia di definizione del mercato rilevante, evidenziando quei fattori di cambiamento che, secondo le stesse autorità antitrust, avrebbero potuto favorire una revisione delle definizioni stesse e dei criteri sottostanti.

Questo studio pone “due temi di notevole importanza per l’Antitrust” ha commentato Michele Polo dell’Università Commerciale Luigi Bocconi. “Il primo è la revisione della definizione del mercato rilevante guardando ai due versanti dove si generano i ricavi, ovvero gli spettatori e gli inserzionisti; il secondo riguarda la regolamentazione atta a favorire il pluralismo”.

Gianmichele Roberti, dell’Università Sapienza, ha ribadito che “l’orientamento consolidato è di distinzione tra pay e chiaro, servito all’Antitrust per tenere sotto controllo i fenomeni di concentrazione, soprattutto nel pay, gli abusi di posizione dominante sull’acquisto di contenuti e l’accesso a servizi tecnici della piattaforma da parte dei concorrenti”. Ma ha sottolineato che “anche nel pay ci sono i monopoli”.

A sua volta l’avvocato Mario Siragusa, partner di Cleary, Gottlieb, Steen & Hamilton LLP, ha sottolineato come lo scenario sia in costante cambiamento: “Ci sono operatori pay che stanno entrando nel settore del chiaro e viceversa, sta cambiando il modello dei prodotti offerti, ci sono nuove piattaforme come tablet e smartphone e nuovi entranti come Netflix”. A suo dire, in definitiva, a prescindere dalla definizione dei mercati “è opportuno concentrarsi sugli effetti concorrenziali”.

Dopo le analisi sull’opera di Preta, il focus del convegno si è spostato sui player del settore. E dagli operatori è arrivata la richiesta di nuove regole per il settore.

Marinella Soldi, amministratore delegato di Discovery Italia, che gestisce 6 canali sul pay e 6 FTA (Free to Air), ha sottolineato come ormai i suoi competitor “non sono più solo gli altri canali tv ma tutto quello che è leisure time, compreso Internet”. Da qui l’importanza di “costruire canali che sono brand e forniscono contenuti di qualità”. L’intervento della Soldi si è concluso con un monito: La nuova regolamentazione Lcn determinerà l’arrivo di altri 20 canali a livello nazionale, è fondamentale capire la sostenibilità del business in relazione allo share”.

Confermando che “negli ultimi 10 anni è successo di tutto nel panorama televisivo”, Stefano Parisi (presidente di Chili Tv) ha affermato che “tutto questo è nulla rispetto a cosa succederà nei prossimi 10 anni: fra qualche anno il telecomando non esisterà più, già le giovani generazioni non vedono più né free né pay tv ma fruiscono dei contenuti sui dispositivi mobili e il digitale terrestre sarà una tecnologia di evoluzione verso Internet”. Tutto questo, secondo Parisi, non deve spaventare. Piuttosto preoccupano i “600 milioni di euro di mancati ricavi a causa della pirateria online”. Inoltre il creatore di Chili ha evidenziato il problema “finestre” (ovvero la necessità che trascorrano 3 mesi dalla proiezione in sala del film alla sua diffusione su home video), affermando che in questo modo si rischia di favorire la pirateria.

Anche Gina Nieri, componente del cda di Mediaset e del comitato esecutivo del gruppo, ha concordato sulla necessità di “regolamentare le finestre”. Ha poi osservato che “con la connected tv la tecnologia che porta i contenuti è trasparente: si guardano da uno stesso schermo contenuti provenienti da piattaforme diverse. Ma solo alcuni contenuti, quelli televisivi, vengono regolamentati. Il problema è che si deve allargare il campo d’azione a tutti gli attori in campo. Non è possibile che noi come tv siamo regolamentati e Google no”.

Secondo l’amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, “bisogna mettersi alle spalle il mercato pay e free, il mercato è unico e bisogna includere i nuovi operatori”. Zappia ha quindi puntato il dito contro la pirateria, chiedendo di ‘tutelare il contenuto con le unghie e con i denti’.

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