IL PAPER

Mercato unico europeo, il 46% delle imprese non investe nel digitale

La Commissione Ue fa il punto a trent’anni dalla nascita Single Market: “C’è molto da fare sull’interoperabilità dei servizi transfrontalieri e il gap con gli Stati Uniti resta alto. Il Covid ha spinto l’adozione di nuove tecnologie ma la strada è ancora lunga”

Pubblicato il 03 Gen 2023

italia, europa

Quest’anno l’Unione europea celebra il 30esimo anniversario del suo mercato unico, istituito il 1 gennaio 1993. La Commissione ha colto l’occasione della ricorrenza per pubblicare un paper che stila i risultati ottenuti e mette a fuoco gli obiettivi ancora da raggiungere, specialmente sul fronte del digitale.

I risultati raggiunti grazie all’integrazione

“In oltre trent’anni”, si legge in una nota di Bruxelles, “il mercato unico ha portato a un’integrazione senza precedenti tra le economie degli Stati membri, fungendo da motore per la crescita e la competitività e sostenendo il potere economico e politico dell’Europa a livello globale. Ha inoltre svolto un ruolo chiave nell’accelerare lo sviluppo economico dei nuovi Stati membri che hanno aderito all’Unione, rimuovendo le barriere all’ingresso e stimolando la crescita e fornendo sostegno nell’affrontare le crisi sanitaria ed energetica. Grazie al mercato unico l’Ue è stata in grado di migliorare la vita di tutti gli europei accelerando la transizione verso un’economia più verde e più digitale. Sulla base delle proposte Fit For 55 e Digital Decade, l’Unione sta mettendo in atto un quadro normativo per sostenere le transizioni verdi e digitali dell’Europa. La strategia industriale sta accompagnando i settori produttivi dell’Ue attraverso queste transizioni. Il mercato unico contribuisce inoltre a garantire la continua disponibilità di input essenziali per le imprese europee, comprese le materie prime essenziali e le tecnologie avanzate come i semiconduttori”, con l’obiettivo di dare vita a livelli elevati di sicurezza e a standard tecnologici globali all’avanguardia.

“Il mercato unico è il più grande blocco commerciale del mondo”, commenta Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva per un’Europa pronta per l’era digitale. “È stato il fondamento dell’Ue per trent’anni. Fornisce opportunità a milioni di imprese e ai consumatori in Europa. Gli ultimi due anni ci hanno dimostrato che la capacità dell’Europa di assorbire gli shock e superare le crisi si basa su un forte mercato unico. Ecco perché abbiamo proposto uno strumento di emergenza per il mercato unico per poter agire insieme. Per far sì che funzioni anche in tempi di crisi”.

La sfida del mercato unico dei servizi

Come accennato, negli scorsi giorni la Commissione ha presentato un documento analitico sullo stato del mercato unico a 30 anni dalla sua istituzione e sul suo ruolo di motore per la resilienza.

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Rispetto allo sviluppo digitale, con particolare riferimento al mercato unico dei servizi, il documento evidenzia che mentre alcuni servizi sono veri e propri mercati europei (e internazionali), altri sono ancora segmentati in larga misura oltre i confini nazionali. “Questa immagine ci mostra che il mercato unico dei servizi è in realtà un’ampia varietà di settori con gradi di integrazione molto diversi”.

In altre parole, il livello di integrazione raggiungibile probabilmente ha certi limiti ed è ben al di sotto 100%, e sembra che il potenziale di strumenti e piattaforme digitali sempre più disponibili sia sottoutilizzato quando si tratta di approfondire il mercato unico dei servizi.

Il ruolo della digitalizzazione e il divario con gli Usa

La digitalizzazione (o la sua mancanza) delle imprese dell’Ue può effettivamente essere un fattore importante che spiega il basso livello di integrazione in una serie di servizi. La digitalizzazione ha ridotto i costi delle attività transfrontaliere, consentendo ai fornitori di utilizzare le tecnologie digitali per interagire più facilmente con clienti e fornitori, adottare modelli di business nuovi e più flessibili e ottenere incrementi di produttività. Complessivamente, mentre i servizi sono tradizionalmente considerati meno facilmente scambiabili a livello transfrontaliero rispetto ai beni, la digitalizzazione sta colmando questo divario.

Allo stesso tempo, le imprese dell’Ue sono rimaste indietro rispetto alla digitalizzazione rispetto a quelle statunitensi. In generale, la quota di imprese che utilizzano tecnologie digitali avanzate è più elevata negli Stati Uniti che in Europa. Inoltre, le imprese dell’Unione hanno perso ulteriore terreno durante il Covid-19, con il 46% delle organizzazioni che ha adottato misure per la digitalizzazione durante la cris, rispetto al 59% delle imprese statunitensi. Più di un’impresa su quattro dell’Ue non investe ancora in modo significativo nella digitalizzazione. Questo gap è particolarmente importante per le piccole imprese e per settori di servizi specifici come l’edilizia. Le differenze sono particolarmente importanti per le micro e piccole imprese (il 46% delle microimprese dell’Ue non ha adottato tecnologie digitali, rispetto al 33% negli Stati Uniti).

Anche in servizi importanti come l’edilizia, l’Ue appare molto indietro rispetto agli Stati Uniti in termini di digitalizzazione (il 43% delle imprese di costruzione dell’Ue non ha adottato tecnologie digitali, rispetto al 17% negli Stati Uniti). Il paper, tuttavia, sottolinea che sono già state individuate le criticità che impediscono all’ecosistema edile dell’Unione di raggiungere un’implementazione diffusa delle tecnologie digitali lungo tutta la sua catena del valore, in particolare per le Pmi. Ora si tratta di affrontarle.

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