STRATEGIE

Miccoli (CheBanca!): “Mobilità prossimo step”

Il presidente: “Sarà una rivoluzione che potrebbe riaprire i giochi nel sistema bancario. Ma non è detto che saranno le banche a vincere la partita”

Pubblicato il 10 Apr 2013

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“Siamo un punto di riferimento internazionale. Qualche settimana fa abbiamo avuto in visita 45 general manager indiani”. Christian Miccoli è fiero della sua “creatura”: CheBanca!, la internet bank di Mediobanca nata multichannel, web e filiali, nella primavera del 2008 (lo stesso anno dell’arrivo in Italia dell’iPhone e del crack di Lehman Brothers), ha superato il mezzo milione di clienti, con una raccolta di 12,3 miliardi e 44 “negozi” (erano 12 all’inizio) in 15 regioni. Un lustro dopo, Miccoli è appena diventato presidente, lasciando la guida operativa a Gianluca Sichel, e Internet un’urgenza e una speranza terapeutica per tante industry ferite dalla crisi.

Miccoli, che nel 2001 lanciò con IngDirect il Conto Arancio ed è di suo appassionato di tecnologie, conosce bene il tema dell’integrazione ed è convinto che la prossima sfida sarà quella della mobilità, dura e sconvolgente. “Nei prossimi tre anni il numero di apparecchi telefonici di nuova generazione aumenterà ancora. Sarà una rivoluzione, che potrebbe riaprire i giochi nel sistema bancario, perché non è detto che a vincere la sfida saranno le banche. Altri operatori potrebbero avere il sopravvento”. Basta un esempio per capire quel che potrebbe accadere. “Pensiamo ai pagamenti. Operare con l’iban è una follia. Faccio prima con Paypal, no? Le banche, tutte e non solo in Italia, hanno seri problemi a fare qualcosa di simile. Sono soggette a una quantità di imposizioni che finiscono per diventare un obiettivo svantaggio”. E i micropagamenti? “Significano microricavi”, risponde con una battuta Miccoli, che anticipa al Corriere delle Comunicazioni il lancio nelle prossime settimane dell’app di CheBanca!, per iOs e Android: all’inizio sarà solo di consultazione del conto, l’operatività sarà il prossimo step. “Dobbiamo ascoltare attentamente e sempre di più i nostri clienti, capire di cosa hanno bisogno prima di fare qualsiasi cosa”. Dall’autunno CheBanca! è anche su Facebook, ma non per fare customer care.

Una ricetta definitiva nessuno ce l’ha. “Quello misto resta però il sistema ideale anche se ancora non c’è il modello perfetto. Se non hai supporto fisico, non vai avanti”, spiega Miccoli. “Ma l’integrazione non è scontata, non basta sommare online e offline: bisogna avere un altro modello di business”. Quello di CheBanca! è geneticamente multichannel: prodotti uguali sia nelle filiali, senza salottini e con orari di apertura “lunghi”, sia sul web. “È il cliente a scegliere quale canale utilizzare, web, telefono o filiale. La nostra banca è stata la prima a mettere il cliente dalla stessa parte del nostro dipendente, che non fa altro che aprire il sito e compiere le stesse operazioni che è possibile fare da casa”. Il “negozio” non serve più solo a dare fiducia. “Era un fattore importante quando abbiamo cominciato e la gente voleva vedere a chi stava affidando i propri soldi. Ora i giovani si muovono tranquillamente sul web, sono abituati a comprare”. Tra i clienti di CheBanca! il 50% è under 44, il 30% ha addirittura meno di 34 anni. “Adesso quel conta è la convenienza e la semplicità d’uso”.

La tecnologia c’è ma non si deve vedere. “Il cliente non è e non deve essere un appassionato di diavolerie. La tecnologia serve solo se utilizzata per dare un miglior servizio. Non è così ovvio come sembra, mi creda. Cosa vuole il cliente? Buone condizioni. E se io posso operare senza migliaia di filiali, riesco a mantenere costi più bassi. E poi semplicità d’uso. La tecnologia quindi mi serve se mi aiuta a ottenere quel che funziona di più sul mercato: cose semplici e convenienti”. In banca non è facile. “iTunes ha sfondato quando è stato possibile fare l’acquisto con un clic. Nel nostro caso questo non è possibile, serve ancora la forma scritta – ricorda Miccoli -. Ci sono un sacco di carte da firmare. Le norme sono talmente complicate da creare un blocco allo sviluppo. E anche nei Paesi più evoluti c’è un tetto alla penetrazione dell’home banking, non si va oltre il 50%”. Ma l’integrazione sarà anche un incentivo a rivedere le regole. È solo questione di tempo.

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