Educazione, educazione, educazione. Deve partire da qui la strategia per colmare il gender gap e sostenere le donne ad uscire da una crisi economica e sociale che si è abbattuta su di loro più che su altri. Mirta Michilli, presidente della Fondazione Mondo Diguale, delinea le azioni che vanno messe in campo.
La pandemia si è abbattuta soprattutto sulle donne, tanto che è stato coniato il termine She-cession. Come si può intervenire per arginare il fenomeno?
Prima di tutto bisogna intervenire sul capitale umano. Donne più preparate e consapevoli anche nei lavori meno fragili, come quelli dell’ambito tecnologico e digitale, diventano la forza trainante verso un futuro più equo e inclusivo. Il fenomeno della Shecession però non deriva solamente da una criticità occupazionale, ma da un quadro complesso di diseguaglianze sociali che si è radicato nel tempo: le donne sono sovraccaricate dal lavoro familiare, tanto da essere penalizzate in ambito professionale ed essere spesso indotte a rinunciare alla carriera lavorativa. Per questo serve aumentare l’infrastruttura sociale e retribuire il lavoro di cura svolto dalle donne, in modo da riequilibrare il carico complessivo femminile. Il fenomeno è anche il risultato di una mentalità radicata, il cui cambiamento diventa fondamentale per il raggiungimento di una piena equità: per arrivarci serve educare per abbattere gli stereotipi di genere in ogni ambito, partendo dalla famiglia e dalla scuola arrivando fino al mondo del lavoro. E poi c’è un problema di leadership, serve il punto di vista delle donne quando si prendono decisioni importanti per il bene comune, soprattutto in periodo di crisi o di emergenza. C’è un caso molto illuminante raccontato dalla giornalista e attivista Caroline Criado Perez in “Invisible Women” (2019). In un paese della Svezia nel momento in cui si decide di dare spazio al punto di vista delle donne nell’interpretazione dei dati sulla mobilità si risparmiano soldi pubblici e si dimezzano le persone incidentate a causa della neve, soprattutto donne, e i relativi ricoveri.
Che ruolo giocano le competenze digitali nella riqualificazione professionale delle donne?
Le competenze digitali permettono di accedere ai lavori emergenti, a quelli che possiamo considerare i lavori del futuro. In questo senso, le digital skills possono aprire a un futuro più stabile e gratificante: le professioni in cui mettere in campo questo tipo di competenze permettono un alto grado di flessibilità e creatività, due caratteristiche che possono incentivare l’occupazione e l’empowerment femminile. Le competenze digitali sono strategiche anche nell’imprenditoria, che significa capacità di inventarsi o reinventarsi un lavoro velocemente, per rispondere a nuovi bisogni del mercato e delle comunità.
Il Next Generation Eu rappresenta un importante strumento per colmare il gender gap. Quali i driver su cui investire?
Sicuramente istruzione, con più scuola ovunque, politiche sociali diffuse e imprenditoria. Suggerisco di ascoltare quanto ha dichiarato Linda Laura Sabbadini, presidente dell’Engagement Group Women20, in audizione alla Camera su Recovery Plan, che denuncia un pregiudizio maschile nell’allocazione degli aiuti europei e un impatto sull’Italia che può essere ulteriormente aggravante. La Commissione europea ha stabilito un vincolo del 57% per gli investimenti che vanno indirizzati sulla transizione verde e sulla innovazione tecnologica. Si tratta di settori in cui la percentuale di presenza femminile è bassa. La manodopera in questi campi è all’85% maschile. Dunque il Recovery potrebbe essere penalizzante per le donne e aggravare la disparità. La commissione deve fornire misure chiare perché non sia un effetto squilibrante a svantaggio delle donne. Il nostro Paese deve crescere in modo equilibrato sanando lo squilibrio nel mercato di lavoro. Il governo insieme alla commissione europea deve sanare questo problema.
Com’è la situazione relativa alle Stem in Italia?
L’educazione Stem è fondamentale per colmare l’ampio divario di genere nel settore: secondo i dati Istat del 2020, le donne laureate in questo ambito sono il 16,2%. Quest’anno abbiamo inaugurato la settima edizione di Coding Girls, un progetto-programma che ha come obiettivo quello di accelerare il raggiungimento delle pari opportunità proprio nel settore delle Stem. In questo ambito gli stereotipi di genere sono talmente forti da indurre molte giovani donne a non prendere neppure in considerazione questo tipo di carriera. Coding Girls è diventato negli anni un vero e proprio movimento di conquista della parità di genere, che oggi coinvolge 15.000 studentesse di 24 città di tutta Italia.
E che esempio possono dare, e come possono darlo, alle ragazze le donne manager IT?
Non è importante solo l’educazione tecnica, ma anche quella emotiva, caratteriale, valoriale: le sessioni di role modeling sono un modo per far acquisire alle giovani donne consapevolezza in se stesse e nelle proprie capacità attraverso l’esempio positivo di una testimonianza diretta. Il role modeling è per noi un modello educativo che riesce a suscitare interesse e empatia per la sua autenticità: le storie raccontano anche ostacoli o difficoltà, ma sono un esempio reale di come una donna può riuscire ad arrivare a ruoli di prestigio nonostante le disuguaglianze di genere. All’interno di molti progetti di Fondazione Mondo Digitale viene infatti compresa una sessione di role modeling: questi incontri motivazionali incentivano la partecipazione al mercato del lavoro e la consapevolezza delle competenze acquisite. Sempre di più raccontiamo storie al femminile, ricercatrici, scienziate, imprenditrici, manager ecc. Giorno dopo giorno modifichiamo anche la mentalità maschile che si abitua a confrontarsi con il punta di vista di donne che valgono.
La parità di genere è anche un’importante leva per far ripartire l’economia…
La parità di genere non deve essere vista come un obiettivo fine a se stesso: serve per rimettere in moto l’economia di un Paese interamente gravemente colpito. Ma non dobbiamo pensare di arginare un fenomeno come la Shecession attraverso misure temporanee e provvisorie: l’azione da portare avanti deve essere profonda e continua, mirata ad un profondo cambiamento nella nostra cultura e società. Come ha sottolineato più volte la Banca d’Italia, un maggiore accesso femminile al mercato del lavoro fino all’obiettivo di Lisbona del 60% si assocerebbe “meccanicamente” a un PIL più elevato del 7%, anche in presenza di una riduzione della produttività media. La sottoccupazione femminile costa all’Europa 370 miliardi di euro l’anno, per questo la parità di genere deve essere tra i primi punti programmatici delle nuove linee guida della Commissione europea per la stesura dei piani nazionali per il Recovery Plan.