Microelettronica a caccia di politica industriale

Micron il caso più spinoso: l’azienda cresce ma disinveste in Italia. La colpa? Anche della politica, che ha sottovalutato il potenziale. Una gatta da pelare per il premier Renzi e il ministro Guidi

Pubblicato il 04 Mar 2014

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Il mercato mondiale della microelettronica e delle cosiddette “tecnologie chiave” (che comprende anche la nanoelettronica, la biotecnologia industriale, la fotonica e i sistemi di fabbricazione avanzata) non è in crisi, anzi è in rapida espansione. Le stime di settore prevedono che crescerà, passando entro il 2015 da 646 miliardi a più di mille miliardi, mentre dal settore dipende circa il 10% del Pil Ue. In Italia la microelettronica dà lavoro oggi a circa 15mila persone, con il mercato nazionale che, come nel 2000, vale un miliardo di euro, ma con profonde differenze strutturali rispetto al passato: nel 2000 più del 70% del mercato veniva da produzioni locali o europee, mentre oggi il 75% del volume è realizzato dalla distribuzione, quindi importato.
Tra le realtà industriali italiane o con sede in Italia che hanno un ruolo globale importante ci sono STMicroelectronics, che il Governo ha recentemente annunciato di voler privatizzare, e che è tra i primi fornitori mondiali di semiconduttori nell’automobile e nelle soluzioni per l’industria. Poi LSFoundry, che acquisendo parte di Micron è diventata la seconda realtà in Italia, con circa 1.600 addetti, e le multinazionali come Micron, Infineon e Marvell.

Proprio Micron è stata nelle ultime settimane nell’occhio del ciclone, avendo iniziato le procedure per mettere in mobilità 419 dipendenti nelle sue sedi di Agrate, Vimercate, Avezzano, Arzano e Catania, per far rientrare alcuni investimenti negli Usa e trasferirne altri nel Far East.
Una dinamica che è suonata come un campanello d’allarme per il Governo, che ha da poco aperto presso il Mise un tavolo di settore sulla microelettronica che si riunirà per la seconda volta il 7 marzo, coinvolgendo Anie Confindustria (1.200 aziende associate e circa 425mila occupati), i sindacati, gli enti Locali interessati e il Miur per la ricerca.
“La microelettronica è un settore con grandi potenzialità che ha bisogno di una vera politica industriale – afferma Roberta Turi, segretaria nazionale Fiom-Cigl e responsabile del settore Ict – Sarà importante cogliere le opportunità di finanziamento messe in campo a livello europeo con l’obiettivo di raddoppiare la produzione di chip in Europa, che complessivamente saranno nell’ordine di 100 miliardi”.

“Dal nuovo Governo – afferma Nicola Alberta, segretario generale della Fim Cisl Lombardia – ci aspettiamo che riprenda il filo del discorso da dove era stato interrotto, e che se possibile si muova con più velocità. Ci aspettiamo che la maturazione di sensibilità su questi temi, che avevamo iniziato a riscontrare, sia confermata. Per questo sarà importante salvaguardare gli insediamenti, le competenze e i posti di lavoro”.
“Questo tema – aggiunge Luca Maria Colonna, segretario nazionale della Uilm-Uil – non può permettersi di aspettare i tempi della politica, a chiedercelo è anche l’Europa. Ci interessano le questioni concrete, come il fatto che St possa tornare protagonista come lo era soltanto fino a pochi anni fa”.

Una vera e propria sfida, dal momento che il fulcro della produzione e dei consumi mondiali di elettronica si è spostato sull’asse del Pacifico, con i produttori di componenti europei che hanno registrato nel 2012 una caduta nelle vendite del 12%. Una tendenza che però nel secondo e terzo trimestre 2013 ha dato segni di una ripresa che i produttori italiani non hanno ancora colto, al contrario della Germania, anche a causa delle difficoltà del mercato interno, solo in parte mitigate dai segnali positivi per il fatturato realizzato all’estero.

Sul piano comunitario le grandi aziende del settore si sono riunite nel “gruppo dei leader dell’elettronica”, che vede insieme i vertici di Alcatel-Lucent, StMicroelectronics, Soitec, Infineon, Globalfoundries, Nxp, Fraunhofer, Arm, Asml, Imec, Cea e Intel Ireland, e che chiede alla Commissione Europea strategie per assicurare all’Ue un ruolo di primo piano in questo campo, raddoppiando la produzione di componenti per semiconduttori nei prossimi dieci anni.

Claudio De Vincenti, sottosegretario al Mise che ha seguito da vicino sia le vertenze del settore sia il tavolo sulla microelettronica, ha affidato a Italianieeuropei, nel primo numero della rivista del 2014, la sua idea di discontinuità nella politica industriale: “Non può davvero essere la riedizione di esperienze passate – scrive – con un intervento pubblico che, salvando imprese inefficienti e non tenendo conto delle reazioni dei mercati, finiva per cristallizzare inefficienze e costi per la collettività che ne vanificavano l’efficacia. E’ giunta l’ora di costruire un intervento pubblico che sappia interagire costruttivamente con i mercati, definendo le regole che mettano tutti in condizione di giocare la propria partita, e innervando il sistema di convenienze che orientano gli operatori con esplicite scelte pubbliche sull’allocazione delle risorse, in funzione degli interessi generali”.

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