Microsoft sarà sotto stretta sorveglianza dell’antitrust tedesco per i prossimi cinque anni. I funzionari del Bundeskartellamt, l’autorità preposta alla tutela della concorrenza, hanno annunciato di aver inserito, ai sensi della Sezione 19a della Legge tedesca sulla concorrenza, il colosso di Redmond fra le aziende soggette a controlli serrati per abuso di posizione dominante.
“Oggi l’ecosistema Microsoft è più forte e più strettamente interconnesso che mai”, si legge in una nota, e “l’uso crescente del cloud e dell’intelligenza artificiale, tecnologie chiave in cui Microsoft ha consolidato la sua posizione di forza sviluppando i propri prodotti e stringendo collaborazioni”, lo rende dominante nel settori.
I dubbi dell’antitrust tedesco
L’ente di controllo ha citato la preminenza dei prodotti Microsoft tra governi, aziende e famiglie per giustificare la sua decisione, individuando il sistema operativo Windows, le applicazioni Office e l’investimento in OpenAI, come ragioni per una verifica sul possibile monopolio dell’azienda statunitense. La decisione finale dopo questo tempo di osservazione sarà applicata non a un singolo prodotto, ma all’intera produzione di Microsoft.
“I numerosi prodotti di Microsoft sono onnipresenti nelle aziende, nelle pubbliche amministrazioni e nelle case private e sono diventati indispensabili”, commenta Andreas Mundt, presidente del Bundeskartellamt. “La storia dell’azienda è iniziata con il sistema operativo Windows, che da molti anni ormai garantisce a Microsoft una posizione dominante. A questo si aggiungono le applicazioni Office e molti altri prodotti software che sono interconnessi in vari modi”.
In generale, rimarca la nota del Bundeskartellamt, Microsoft fornisce parti essenziali dell’infrastruttura IT utilizzata dalle imprese, che costituiscono anche la base per altre applicazioni nel settore del software aziendale. Ciò significa che per creare prodotti di successo, gli sviluppatori di software in questi settori dipendono dalla migliore compatibilità possibile con l’ecosistema Microsoft e devono garantire che i loro sviluppi siano in linea con le condizioni quadro stabilite da Microsoft. In molti casi quindi il gruppo assume un duplice ruolo, in quanto l’azienda non solo stabilisce le condizioni quadro per gli sviluppatori di prodotti di terze parti, ma è anche in concorrenza con loro.
“Allo stesso tempo, Microsoft è soggetta alle disposizioni dell’Ue applicabili ai gatekeeper ai sensi del Digital Markets Act. Tuttavia, in questa fase le norme che ne derivano, applicate dalla Commissione europea, si applicano solo al sistema operativo Windows e alla rete LinkedIn. Sulla base della nostra decisione possiamo bloccare le pratiche anticoncorrenziali che non sono coperte dalla Dma”, precisa Mundt.
La validità della decisione del Bundeskartellamt è, come detto, limitata a cinque anni in conformità alle disposizioni di legge. Entro questo periodo Microsoft è soggetta a un controllo speciale sugli abusi da parte del Bundeskartellamt in Germania. Non è stata ancora presa alcuna decisione in merito all’avvio di un eventuale procedimento per esaminare le pratiche specifiche adottate dal gruppo.
La denuncia di Google Cloud
La decisione dell’antitrust tedesco sembra quasi fare eco alla denuncia che qualche giorno fa Google Cloud ha inoltrato alla Commissione europea. “Le licenze restrittive di Microsoft vincolano alcuni clienti di Windows Server all’utilizzo di Azure o a rincari del 400% per l’utilizzo di cloud concorrenti”: Microsoft dunque “sta danneggiando in maniera significativa le aziende europee e i governi”. Limitazione della concorrenza, costi a carico delle organizzazioni europee per almeno 1 miliardo di euro l’anno e maggiori rischi per coloro esposti alla “inadeguata cultura della sicurezza: queste le principali questioni messe nero su bianco nella denuncia presentata dalla società che fa capo ad Alphabet alle autorità europee.
Ma Redmond ha immediatamente rispedito le accuse al mittente. “Microsoft ha già sanato situazioni simili sollevate da fornitori di cloud europei, nonostante Google sperasse che continuassero i contenziosi”, spiega una nota. “Non essendo riuscita a convincere le aziende ci aspettiamo che fallisca anche il tentativo di convincere la Commissione europea”.