Il mobile ha messo la freccia ed è in corsia di sorpasso: in Italia oltre 16 milioni di persone accedono giornalmente alla rete mobile contro 13 milioni di pc surfer (Audiweb Database 2014). Anche nei tempi di connessione media lo smartphone supera il desktop: 90 minuti al giorno contro 70. Sorprende anche un altro dato: le mobile app – in prevalenza social, instant messaging, e-mail – assorbono l’87% del tempo di navigazione da smartphone. Il 2014 è stato l’anno della “consapevolezza mobile” per le imprese medio-grandi operanti in Italia: le strategie di relazione e fidelizzazione dei consumatori non potranno più fare a meno degli strumenti di mobilità. Smartphone e tablet fanno ormai parte degli oggetti “sine qua non”, sia nella sfera privata, sia in quella business. Nelle case e negli uffici, prima di uscire, lo smartphone fa parte degli oggetti da non dimenticare.
“Abbiamo creato una mappa in base alla maturità dell’approccio strategico al mobile marketing e al suo stadio di implementazione – dichiara Marta Valsecchi, responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano – per classificare le imprese che operano in Italia. Sono emersi comportamenti diversi in relazione ai settori di appartenenza”. Il mobile può diventare, quindi, un canale di vendita, lo strumento per erogare servizi, gestire promozioni, raccogliere informazioni sui clienti e creare una relazione costante con il consumatore. Ma può essere anche il supporto per il customer care o per la geo-localizzazione dei clienti, per i quali sviluppare specifiche attività promozionali e pubblicitarie. Sono sempre di più i settori impegnati a inserire il mobile nei loro piani di azione: dall’e-commerce al retail tradizionale, dai produttori del largo consumo all’automotive, dai servizi finanziari e assicurativi alle telco, fino alle utility e al media & entertainment.
“Se entriamo in profondità in alcuni ambiti applicativi, ci accorgiamo – prosegue Valsecchi – dell’effettiva portata del fenomeno mobile. Nel 2014 il mobile advertising vale più di 300 milioni e una crescita del 48%. La sua incidenza sale al 15% sul totale dell’Internet advertising e al 4,5% sul totale media advertising. Nel 2012 i valori erano, rispettivamente, del 5% e dell’1%”. Un vero successo. Tuttavia, il confronto internazionale ci fa capire che, pur andando di corsa, l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi. Per ogni mobile surfer negli Stati Uniti l’investimento in mobile advertising è circa 8 volte quello italiano, in Gran Bretagna 6 volte, in Giappone quasi 2,5 volte. Nel panorama nostrano non finisce, però, con la pubblicità l’eco dei “mobile record”: circa 5 milioni di italiani sfogliano volantini digitali e la metà di questi lo fa esclusivamente da mobile, il mobile commerce raddoppia e raggiunge 1,2 miliardi di euro, toccando il 9% delle vendite e-commerce B2c, senza dimenticare l’importanza crescente che il mobile sta assumendo in fase pre e post-vendita. Non poteva sottrarsi a quest’area di business, ormai chiaramente emersa, il mondo delle startup.
“Insieme all’Osservatorio Startup e a PoliHub, sempre nel contesto del Politecnico di Milano – conclude Valsecchi – abbiamo analizzato un campione di oltre 530 startup, operative in ambito mobile marketing & service a livello internazionale e finanziate negli ultimi tre anni da investitori istituzionali. Le aziende esaminate sono state classificate in cinque ambiti principali, dai quali emerge una sostanziale distribuzione in doppia cifra tra soluzioni di mobile wallet, per la gestione di ordini, attività di loyalty e pagamenti, di mobile advertising, di soluzioni per l’analisi del comportamento dei consumatori, di servizi di testing e verifica sicurezza, di mobile commerce o di mobile service in sanità, turismo, finance e così via”. Anche l’Italia sta facendo la sua parte con le startup innovative: sono 35 quelle operative sui temi analizzati, che hanno ottenuto finanziamenti dagli investitori istituzionali (venture capitalist e investment company), dai principali incubatori o acceleratori d’impresa, da family office o business angel. Gli ambiti applicativi sono gli stessi visti a livello internazionale. I due terzi si rivolgono direttamente al consumatore finale (B2c), la parte rimanente all’universo impresa (B2b). Il Nord gioca un ruolo trainante, con la Lombardia che, da sola, raccoglie quasi la metà delle realtà settentrionali.