La liquidità della Corporate America non è mai stata così alta, grazie soprattutto alle riserve di contante da record delle aziende tecnologiche (con Apple in testa). Lo rivelano i dati appena resi noti da Moody’s Investor Service, l’agenzia di rating americana, e pubblicati dal Financial Times: in pratica, circa sei dollari ogni dieci che sono andati a irrobustire le già nutrite casse del settore corporate americano sono arrivati negli ultimi tre anni dalle aziende hi-tech. L’ammontare complessivo delle riserve di contante ha così raggiunto la cifra record di 1.450 miliardi di dollari alla fine del 2012, un incremento del 10% rispetto all’anno precedente.
Apple da sola conterà probabilmente su un patrimonio (cash e investimenti liquidi) di 170 miliardi entro fine 2013, portando la sua quota delle riserve totali all’11%, contro il 9,5% della fine del 2012.
Un numero cospicuo di aziende tecnologiche americane sta reagendo alla crescita delle proprie riserve finanziarie iniziando a pagare i dividendi, o accrescendone il valore se già li pagava, ma spesso non in misura tale da arginare l’enorme accumulo di cash o da accontentare gli investitori.
Apple in particolare ha annunciato il suo primo dividendo un anno fa e dovrebbe arricchirlo nelle prossime settimane in risposta alle pressioni di Wall Street e anche di un gruppo di azionisti insoddisfatti rappresentati dalla Greenlight Capital che chiede una remunerazione più adeguata. Anche Dell deve far fronte alle pressioni degli azionisti preoccupati dall’esagerato accumulo di contante e desiderosi di dividendi più congrui, e la lista potrebbe continuare.
I dati di Moody’s sono basati sul contante e gli investimenti liquidi lordi delle aziende americane e non riflettono i crescenti livelli di debito. L’agenzia di rating sostiene tuttavia che molte aziende hanno tratto vantaggio dal diminuito rendimento dei titoli di Stato e hanno esteso le scadenze dei loro prestiti, così le loro risorse liquide sono cresciute fino a a superare tutte le rate dei debiti che devono pagare nei prossimi cinque anni.
C’è un altro aspetto che ha favorito l’accumulo di cash delle aziende americane: molte si sono organizzate per stabilire la loro sede legale in Paesi dove pagano poche tasse; in pratica molte grandi aziende tecnologiche fanno passare i loro guadagni attraverso Paesi con regimi fiscali favorevoli, a tutto vantaggio delle loro riserve finanziarie.
Gli utili guadagnati all’estero, su cui le compagnie Usa pagano pochissime tasse, se non nulla, vengono poi decurtati del 35% se rimpatriati, e quindi le aziende americane tendono a far restare i soldi in conti bancari off-shore. Di conseguenza il cash delle aziende Usa conservato all’estero è aumentato del 20% l’anno scorso a 840 miliardi di dollari, secondo Moody’s. Non stupisce che i top manager dell’hi-tech Usa come John Chambers, chief executive della Cisco Systems, chiedano da tempo una tax holiday per riportare i soldi in America a condizioni più favorevoli, ma data la situazione fiscale complessiva del Paese è difficile che Washington li possa per ora accontentare.