Morozov all’Europa: “Contro Google la guerra è politica, non solo di mercato”

L’analisi del sociologo sul Financial Times: “I pericoli del serendipity engine sono reali: vanno costruite le condizioni che permettano la nascita di una forte alternativa europea all’information sharing”

Pubblicato il 23 Set 2014

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L’indagine antitrust della Commissione europea nei confronti di Google è un test della capacità dell’Europa di porre un freno all’invisibile campagna di conquista di Big G della sovranità sul nostro continente. Secondo un’analisi fatta da Evgenij Morozov sul Financial Times, le politiche della Commissione legate alla tecnologia sono carenti: dare una tirata di orecchie a Google non può essere un sostitutivo per delle politiche efficaci, scrive il quotidiano economico.

Le funzioni di “extended search” al centro dell’esposto della Commissione tagliano fuori dal processo una serie di intermediari: cerchiamo le previsioni del tempo su Google e invece di essere indirizzati su un altro sito Google stessa ci mostra le previsioni, facendoci risparmiare tempo. E il motore di ricerca va oltre: sempre per venire incontro alle esigenze dei suoi utenti, Google vuole conoscere le nostre abitudini, che cosa facciamo e chi sono i nostri amici, e ci “segue” ovunque, dalle caselle della posta agli smartphone agli occhiali; presto entrerà anche nelle nostre automobili. Il prossimo passo potrebbe essere saltare il passaggio dell’inserimento del termine di ricerca nella mascherina di search e cercare di fornirci le informazioni desiderate anche prima che formuliamo la richiesta. Eric Schmidt ha descritto questo approccio come “serendipity engine”, definendolo il futuro della ricerca.

Seguendo questa vision, Big G ha già realizzato Google Now, la sua assistente virtuale – disponibile sugli smartphone e sul browser Chrome – che mette insieme tutte le informazioni a disposizione di Google per fornire all’utente notizie sul traffico, note sull’avvicinarsi della data di un appuntamento (come un volo aereo già prenotato), notifiche sulla presenza di ristoranti trendy nelle vicinanze, locandine dei cinema di quartiere e molto altro.

Google sostiene che, nonostante segua l’utente ad ogni passo, non occupa una posizione dominante e anzi può sempre arrivare una start-up con un algoritmo migliore che mette fine ai suoi servizi. Ma, secondo il Financial Times, Google non è solo un algoritmo, è ormai un enorme archivio di dati e questo la rende unica e nettamente superiore alla concorrenza.

Di fronte a questo potere, e alle ambizioni, di Google, la Commissione europea non sembra aver messo ancora a fuoco quale può essere il problema. L’Europa, scrive il Ft, è caduta nell’equivoco del neoliberalismo mutuato dalla mentalità americana, che “perdona” i monopoli in nome del benessere dei consumatori e dell’efficienza del mercato. L’Europa dovrebbe invece trattare gli utenti come cittadini e solo in seconda istanza come consumatori.

I pericoli del modello Google sono reali: unendo la pubblicità con le possibilità “divinatorie” del serendipity engine, Google può trasformare i cittadini in automi, con l’illusione di essere liberi nelle loro scelte quando invece vivono in un mondo di suggerimenti e opzioni generati da algoritmi automatici ottimizzati solo per produrre profitto per un’azienda.

Per il Ft, insomma, Google va trattata con un approccio non solo di mercato, ma politico. Big G non è l’intermediario ideale per le informazioni ed è possibile che stia veramente rendendo difficile ai concorrenti emergere, anche quelli che hanno, potenzialmente, strumenti migliori. Questo dovrebbe spingere Bruxelles a un più attento scrutinio del suo potere, ma non solo: l’Europa deve creare le condizioni in cui possa fiorire una reale forte alternativa europea all‘information sharing, non un’altra Google con un indirizzo europeo. Potrà farlo potenziando gli investimenti in infrastrutture digitali, il che non vuol dire incanalare più denaro verso i monopoli nazionali delle Tlc o verso domestici imitatori di Google, bensì, secondo il Ft, supportando e, se necessario, creando, delle piattaforme digitali decentrate e prive di pubblicità, progettate per difendere privacy e sicurezza.

Cina e Russia stanno cercando di costruire le loro visioni alternative ma con modalità scarsamente rispettose della privacy. L’Europa rischia ancora una volta di restare indietro, politicamente, tecnologicamente ed economicamente. Una sfida che la nuova Commissione europea dovrà affrontare seriamente.

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