MEDIAMARKET

Motta: “E’ tempo di reverse commerce”

L’ad di Mediamarket fa il punto sull’evoluzione dello shopping online: “Con l’integrazione tra canale off e online il negozio si appoggia alle potenzialità del cloud e lo scaffale diventa infinito. È il punto di partenza per il futuro sostenibile della distribuzione”

Pubblicato il 08 Apr 2013

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“Noi parliamo di reverse commerce: non più lo shopping online quale completamento dello shopping fisico ma una nuova fase in cui vedremo il punto di vendita appoggiarsi alle potenzialità del cloud”. L’ingegnere Maurizio Motta, 54 anni, parla alla luce di un’esperienza professionale che l’ha portato da Apple a Compaq e poi alla guida di Mediamarket (direttore generale dal 1997 e adesso amministratore delegato in pectore dopo l’uscita di Pierluigi Bernasconi), primo venditore europeo e italiano di elettronica di consumo con i due marchi Media World e Saturn. Primo nella terraferma e sul web, dove da poco ha cominciato a vendere anche ebook, musica e film nello shop Saturn. Il 2013 si è aperto con le app per smartphone e tablet che permettono di sfogliare il volantino delle offerte; con il programma di tre nuove aperture (Media World a Palermo, Saturn a Roma e Trieste) e un obiettivo strategico: l’integrazione dei negozi con la piattaforma e-commerce.
Ingegnere, che cosa significa reverse commerce?
Rendere infinito lo scaffale. Dare al negozio tutte le possibilità che il cliente ha quando si siede davanti al computer. Se il prodotto non è disponibile o non c’è come lui lo desidera, dargli la possibilità di ordinare attraverso la piattaforma di e-commerce e di ritirarlo in negozio o riceverlo a casa. È il negozio così che sfrutta le opportunità dell’e-commerce. Non credo che ci siano alternative: l’integrazione tra canale online e offline è il vero punto di partenza per le nuove strategie della grande distribuzione.
Voi state già praticando il reverse commerce?
Da maggio, nei Saturn di Milano in Stazione Centrale e viale Certosa, cominceremo con la prima parte: la consegna nel punto vendita. È il risultato di un test cominciato quasi due anni fa nel Media World di Parma. Prima abbiamo semplificato il lavoro dei commessi, che erano costretti a recarsi sempre a una postazione per rispondere alle domande dei clienti. Li abbiamo forniti di smartphone, abbiamo dato la connessione, poi siamo passati ai tablet, adesso al Note Samsung.
Cosa comporta l’integrazione dei canali on e offline?
Un grande cambiamento organizzativo del punto vendita. Bisogna creare figure professionali per ricevere chi ha comprato su e-commerce e chi invece vuole comprare online in negozio. Abbiamo già i totem digitali, ma il cliente non lo fa da solo, altrimenti starebbe a casa. Vuole essere assistito e consigliato. In qualche modo è un ritorno all’antico, quando la fidelizzazione era creata dal personale. Con 110 milioni di visitatori l’anno è difficile stabilire un contatto.
Con il digitale è più facile?
Nel test di Parma abbiamo visto che diventa un sistema di comunicazione naturale fra il cliente e il personale che stabiliscono una relazione via email o attraverso un social network. Per questo, superati i problemi di sicurezza che ci sono stati all’inizio, stiamo pensando di dare a tutti i nostri addetti alla vendita, oltre 7mila, uno smartphone. L’età media dei nostri dipendenti nei punti vendita è 25 anni: hanno quindi grande familiarità con i social media e in genere la comunicazione digitale.
Cosa serve a una grande catena di distribuzione per integrare canale fisico e digitale?
Forti investimenti sulla parte online, sulla formazione del personale e sulla logistica; rivisitazione dei punti vendita e integrazione con le attività sui social media. Ma alla fine si crea una vantaggiosa uguaglianza fra i due negozi, che in prospettiva diventeranno solo uno. Sarà questa la vera innovazione e il futuro sostenibile della distribuzione.

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