Tra i settori che il digitale sta trasformando progressivamente ma inesorabilmente c’è anche quello delle utilities: aziende che sono ormai pienamente consapevoli, nonostante una qualche fisiologica resistenza al cambiamento che si sta facendo di tutto per superare, che l’innovazione digitale può essere una leva strategica per il business e per migliorare grado di trasparenza verso gli utenti finali. Rimane però, avvertita in modo decisivo, la carenza di competenze digitali e la necessità di cambiare i modelli di business, anche intervenendo sulla formazione del personale e del middil management, superando tutte le resistenze fisiologiche del caso. Se ne è parlato questa mattina alla prima edizione dell’Acea Innovation Day, l’evento organizzato dalla multiutility romana a cui hanno partecipato i vertici delle principali aziende attive nei settori delle infrastrutture e dell’energia, insieme agli studenti dell’Istituto Elis e a rappresentanti del mondo delle startup, per fare il punto dei rispettivi sforzi in direzione della digital transformation, confrontarsi sulle rispettive esperienze e aprire canali di collaborazione che possano portare a un risultato positivo per l’intero comparto. Al centro della discussione, per l’occasione, c’è stato il ruolo che l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data possono avere per modificare il rispettivo modo di fare impresa.
Alla tavola rotonda del mattino, moderata da Federico Ferrazza, hanno preso parte Stefano Antonio Donnarumma, Ceo di Acea, Luca Valerio Camerano, Ceo di A2A, Luigi Ferraris, Ceo di Terna, Paolo Gallo, Ceo di Italgas, Elisabetta Ripa, Ceo di Open Fiber e Vincenzo Loia, docente di Management & Innovations Systems all’Università di Salerno. L’appuntamento di oggi è soltanto il primo di una serie in cui Acea vuole condividere l’esperienza maturata nei settori dell’acqua, dell’energia, dell’ambiente, e del gas, nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative all’insegna della sostenibilità.
Al centro del dibattito la sfida per le aziende che gestiscono reti, energetiche o di telecomunicazioni: quella di mettere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie al servizio della propria vocazione industriale, considerando da un lato la necessità di proseguire con l’implementazione dell’intelligenza artificiale e l’utilizzo dei dati nei processi di controllo e gestione delle reti, e dall’altro tenendo sempre in primissimo piano il ruolo principale di chi opera sulle infrastrutture, cioè migliorare costantemente l’efficienza, la sicurezza e la resilienza dei propri asset. A conclusione del lavori i risultati verranno raccolti in un position paper, realizzato da Acea, che metterà in evidenza le soluzioni innovative e i nuovi modelli organizzativi proposti da ogni azienda, insieme ai contributi e alle vision sul tema proposti dai Ceo che hanno partecipato all’evento.
Nell’occasione Acea ha presentato nell’area espositiva di Spazio 900 alcuni dei propri principali progetti innovativi, che si inquadrano nelle strategie di sviluppo del Piano industriale 2019-2022, come il lampione smart, i droni per le ispezioni termografiche, il Water management system per acquisire e analizzare i dati della rete idrica, che passano attraverso la nuova sala di controllo digitale, e le oltre 15 sperimentazioni che coinvolgono le direzioni e le aree industriali del gruppo.
“Questo è un momento epocale – spiega Vincenzo Loia – paragonabile soltanto a quello che si verificò 50 anni fa, con la prima missione spaziale. L’Italia è lontana dai numeri degli investimenti di Stati Uniti o Cina, ma stanno nascendo nuove lauree, siamo in una fase di passaggio, con corsi che creano nuove figure professionali. Quello dell’innovazione però è un settore molto trasversale, con un percorso in cui sono impegnate sia le università sia le aziende: sarebbe importante una maggiore sinergia tra questi due ambiti, da cui potrebbero scaturire opportunità di collaborazione importanti e uno scambio concreto di esperienze”.
“Il nostro settore è fortemente impattato dai cambiamenti, siamo passati dalla logica del watt alla logica del byte. Terna è l’autostrada dell’energia, che ormai è diventata distribuita: negli ultimi 10 anni abbiamo registrato un aumento esponenziale dei punti in cui si genera energia – spiega Luigi Ferraris – Abbiamo destinato 700 milioni di investimenti in innovazione e digitalizzazione per i prossimi cinque anni, e ragioniamo su reti sempre più intelligenti e smart, dotate di sensori, con dati che vanno immagazzinati, gestiti e interpretati”.
“Per Italgas il processo di digitalizzazione e di innovazione è iniziato soltanto negli ultimi anni, perché i costi che prima erano molto elevati ora grazie alla tecnologia si sono abbattuti – sottolinea Paolo Gallo – Possiamo contare su 5 milioni di contatori intelligenti installati, e su una rete di sensoristica diffusa. Oggi tutte le nostre applicazioni sono sul cloud pubblico, e stiamo creando un data lake, un’applicazione che ci permetta di raccogliere le informazioni che iniziano ad arrivare dagli smart meter e dalla sensoristica. Una parte fondamentale della nostra digital transformation è la nostra digital factory di MIlano, che funziona da sei mesi e ha lo scopo di capire come trattare dati e renderli disponibili per tutta l’attività aziendale”. Rimane però il nodo competenze: “Oggi le competenze in azienda non ce ne sono abbastanza – prosegue Gallo – e le stiamo acquisendo, per fare fronte a una trasformazione organizzativa che non vuol dire soltanto digitalizzare la rete, ma che è un change management con l’ingresso in azienda di figure che oggi sono particolarmente difficili da trovare”.
“Stiamo affrontando un cambiamento che è fatto di tre aspetti – afferma Luca Valerio Camerano – quello tecnologico, quello socio-comportamentale e quello del rapporto con i clienti, che ora diventano anche produttori di energia. L’obiettivo è quello di passare dall’approccio Human intensive a quello machine intensive, per arrivare alla personalizzazione e gestione delle offerte. Ma la sfida è anche quella di saper ‘digerire’ in modo intelligente le informazioni e saperle trasformare in prodotti e servizi: i dati dovranno diventare strumenti utili per la gestione dell’azienda. In questo quadro non basta una scelta organizzativa nella direzione dell’innovazione, ma serve la capacità di mettere a terra le buone idee, superando anche un livello fisiologica di resistenza al cambiamento. Tenendo sempre ben presente che il cambiamento non riguarda soltanto le skill d’ingresso, ma anche e in modo determinante il middle management, su cui dovremo misurare la nostra capacità di fare upskill e reskill”.