Corre lo streaming musicale. Lo rilevano i dati Deloitte per Fimi che, dopo il risultato del 2015 con un 21% di incremento, confermano anche nel 2016 la stabilità del mercato discografico con un +0,4% e 149 milioni di fatturato e con il segmento dello streaming in continua corsa, Cd e download che scendono, vinile che sale.
Il 54% del mercato Italiano resta tutt’ora appannaggio del prodotto fisico, con il segmento album e il repertorio italiano a prevalere. Nella top 20 annuale dei dischi più venduti in Italia, 17 titoli risultano italiani. Lo streaming musicale registra un +30% e sono i ricavi dagli abbonamenti a crescere maggiormente, con quasi il 40% di incremento rispetto al 2015. Gli abbonamenti hanno generato oltre 35 milioni di euro e rappresentano il 51% di tutto il segmento digitale. Lo streaming video cresce del 4% mentre i ricavi dall’ad-supported audio salgono del 30%.
“La forte differenza tra i ricavi da video streaming e audio, lascia ancora emergere il tema del value gap con piattaforme come YouTube, sulla quale vengono realizzati miliardi di stream (la piattaforma di video sharing è utilizzata per ascoltare musica dall’89% degli italiani – fonte Ispsos Connect 2016,) ma che genera pochissimi centesimi per gli aventi diritto a causa di un baco normativo comunitario – spiega Enzo Mazza, ceo di Fimi – Se l’Europa attribuisse una connotazione giuridica univoca per piattaforme come Spotify, Deezer o Youtube i ricavi generati dal video sharing potrebbero anche raddoppiare”.
Rispetto alla forte affermazione del 2015, il segmento fisico scende dell’8% così come il download, che perde il 24%. Mentre è il vinile a mostrare ancora un forte trend positivo con quasi 10 milioni di ricavi, una crescita del 52% e una quota di mercato che in tre anni è passata dal 3 al 6%.