IL CASO

Musk fa causa a OpenAI e la Sec avvia un’indagine parallela

Il magnate di Tesla e Space X accusa l’azienda e il ceo Altman di aver tradito la missione no profit. Intanto l’Autorità Usa punta a verificare eventuali comportamenti illeciti nei confronti degli stakeholders. Si allarga la battaglia sul copyright: dopo il Nyt, altre testate denunciano la violazione del diritto d’autore attraverso Chatgpt

Pubblicato il 01 Mar 2024

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Elon Musk ha fatto causa ad OpenAi e al suo ceo Sam Altman con l’accusa di aver abbandonato la missione fondatrice dell’azienda di sviluppare l’intelligenza artificiale “a beneficio dell’umanità”. Nata come no-profit con Musk tra i suoi co-fondatori nel 2015, l’investimento di Microsoft e le derivazioni commerciali della GenAi avrebbero tradito l’intento originario, sostiene Musk. Il magnate di X, Tesla e SpaceX è uscito dal board di OpenAi nel 2018, affermando che l’Ai stava diventando più pericolosa delle armi nucleari.

Sicuramente, dal punto di vista legale, gli utilizzi dell’intelligenza artificiale generativa sono una bomba ad orologeria che sta pian piano facendo scoppiare la reazione dei media. Negli Stati Uniti, infatti, dopo il New York Times altre tre testate giornalistiche – The Intercept, Raw Story e AlterNet – hanno citato in giudizio OpenAi e Microsoft per presunta violazione del copyright dei loro articoli.

Anche la Sec ha messo nel mirino l’azienda che sviluppa ChatGpt: la Securities and exchange commission sta esaminando le comunicazioni interne dell’amministratore delegato di OpenAi, Altman, come parte di un’indagine per verificare se gli investitori della società siano stati indotti in errore o ingannati, come rivelato in esclusiva dal Wall Street Journal.

Musk fa causa ad OpenAi: “Produce solo profitti per Microsoft”

“Tuttora il sito web di OpenAi continua a professare che la sua missione è quella di garantire che l’Agi (artificial general intelligence) avvantaggia tutta l’umanità”, affermano i legali di Musk. “In realtà OpenAi è stata trasformata in una filiale de facto closed-source della più grande azienda tecnologica del mondo: Microsoft”.

Gli avvocati di Musk proseguono osservando che oggi l’attenzione di OpenAi è tutta sulla massimizzazione dei profitti per Microsoft e ciò rompe l’accordo che c’era tra i co-fondatori. “Sotto il suo nuovo consiglio di amministrazione, non sta solo sviluppando ma perfezionando l’Agi per massimizzare i profitti per Microsoft, anziché a beneficio dell’umanità”, è la tesi dell’accusa.

Pressing della Sec sul board di OpenAi

Nel frattempo, la Sec, l’autorità americana che regola i mercati azionari, ha domandato ad attuali ed ex funzionari e consiglieri di OpenAi di consegnare alcuni documenti interni e ha inviato un mandato di comparizione alla società a dicembre, dopo la decisione del board (a novembre) di licenziare Altman dalla carica di ceo e di estrometterlo dal consiglio d’amministrazione perché il ceo non era stato “coerente e sincero nelle sue comunicazioni”.

Altman è tornato come amministratore delegato meno di due settimane dopo. La Sec che non è nuova ad indagini di questo tipo e spesso le chiude senza formulare accuse formali di illeciti. Ma la notizia arriva mentre OpenAi si prepara a nominare sei nuovi membri nel board, con più esperienza nei settori anche della sicurezza e della privacy. Microsoft, secondo quanto riporta Reuters, siederebbe nel cda come “osservatore” senza diritto di voto e gli altri investitori non avranno alcuna rappresentanza. Il board attualmente è formato da Altman, il co-founder Greg Brockman, il chief scientist Ilya Sutskever, il ceo di Quora, Adam D’Angelo, l’imprenditrice Tasha McCauley e Helen Toner, director of strategy del Georgetown Center for security and emerging technology.

Intanto in Unione europea proseguono le indagini della Commissione europea sull’investimento di Microsoft in OpenAi, per valutare il rispetto del Regolamento Ue sulle concentrazioni.

Altri media Usa trascinano in tribunale ChatGpt

Quanto alle cause intentate da The Intercept, Raw Story e AlterNet contro OpenAi e Microsoft, The Verge riporta che le tre aziende sostengono che ChatGpt, nel formulare le sue risposte, prenderebbe, a volte copiando e incollando, interi testi di articoli pubblicati sui media, senza citare fonte e autore. Si tratta di tre cause separate presentate tutte nel distretto di New York e assistite dallo stesso studio legale.

I tre gruppi dei media affermano che ChatGpt non di rado riproduce “letteramente o quasi letteralmente opere di giornalismo protette da copyright senza fornire informazioni su autore, titolo, termini di utilizzo”. Secondo i querelanti, se OpenAi lo volesse, potrebbe rendere trasparente le fonti da cui preleva il suo sapere il chatbot, esplicitandole nelle risposte.

Raw Story e AlterNet vanno anche oltre, affermando che OpenAi e Microsoft “sapevano che ChatGpt sarebbe stato meno popolare e avrebbe generato meno entrate se gli utenti avessero saputo che le sue risposte violano i diritti d’autore”.

A fine 2023, il New York Times ha citato in giudizio OpenAi e Microsoft per violazione del copyright, ritenendo le due aziende “responsabili per miliardi di dollari di danni legali ed effettivi”. OpenAi ha chiesto a un tribunale di respingere tale affermazione, asserendo che il Times ha approfittato di un bug di ChatGpt che faceva replicare testi degli articoli parola per parola.

Google si accorda con gli editori per gli articoli con la GenAi

Intanto, secondo un rapporto di Adweek, Google avrebbe stretto accordi con alcuni editori per fornire i suoi strumenti di intelligenza artificiale generativa così che questi pubblichino storie scritte dall’Ai, senza revisione giornalistica. Il tutto come parte della Google News Initiative (Gni), un programma che mira a finanziare progetti di alfabetizzazione mediatica, strumenti di verifica dei fatti e altre risorse per i media.

È chiaro che, dietro lo sviluppo tecnologico e le battaglie legali, e in mezzo ai tanti timori su etica e sicurezza, sono i forti interessi commerciali a pesare sul mercato dell’Ai e della GenAi.

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