Dopo l’elettricità, dopo la macchina a vapore, dopo la rivoluzione taylorista, Internet ha cambiato il mondo e l’economia. Lo ha fatto con un presupposto fondamentale: la libertà. Quasi un miracolo nato in Usa, il paese della democrazia, dell’economia liberista, del merito; il paese la cui Costituzione prevede il diritto alla felicità.
Internet ha cambiato le economie di tutto il mondo e il traffico dati aumenterà. Secondo Ibm gli utenti creano 2,5 quintilioni di byte ogni giorno. Ciò significa che il 90% dei dati nel mondo è stato generato negli ultimi due anni. Si pensi poi a Facebook che detiene più di 45 miliardi di foto di utenti. Solo questi numeri fanno capire quanto sia immane il fenomeno dei big data. Per questo la domanda di data center crescerà ulteriormente. Secondo nostre elaborazioni su dati BroadGroup, solo in Europa, da qui al 2018, i metri quadrati di data center passeranno dagli 850mila attuali a 1 milione e 700mila, il fatturato da 3 a 6 billion di dollari (dati Ihs 201).
Tuttavia il mondo di Internet può anche sperimentare una condizione di incertezza. Tutto è stato messo in discussione quando, dopo l’ormai celebre ricorso di Verizon del 2011, un tribunale americano ha stabilito che le regole sulla neutralità della rete della Federal Communications Commission, il cosiddetto Open Internet Order, che non discrimina i dati che viaggiano in rete, non erano più valide.
Negli Stati Uniti i vettori Internet ad alta velocità, come AT & T, Comcast, Time Warner e Verizon, sono per un’Internet a due livelli, con tariffe premio per priorità e maggiore velocità della rete. Anche l’Unione europea è combattuta e potrebbe anche andare nella direzione di assecondare il principio che autorizza gli operatori a fare accordi con gli over the top fuori dalla normale Internet.
La decisione di questi giorni della Fcc, l’Agenzia federale che sorveglia e regola i servizi di comunicazione negli Usa, di riclassificare i servizi di Internet a banda larga dal Titolo I al Titolo II della legge per le telecomunicazioni è un passaggio forse definitivo. La decisione è stata sollecitata dallo stesso presidente Barack Obama dopo lunghi approfondimenti e un sondaggio cui hanno partecipato quattro milioni di utenti. Gli Stati Uniti sembrano dire no a Internet a due velocità.
Certo tanti osservatori continuano ad esprimere dubbi. Secondo una ricerca di Npd lo Svod (Subscrition video on demand) rappresenta il 67% delle transizioni digitali e cresce più rapidamente di tutte le altre forme di video digitale. Uno dei punti di forza della società Netflix è il ricorso alla distribuzione Ott, utilizzando una risorsa comune come Internet. Nelle ore serali Netflix consuma quasi la metà della banda larga negli Usa. Di qui l’opposizione delle Telco.
Che dire? Quali sono pro e contro? Certamente la libertà di Internet è una caratteristica essenziale alla sua stessa esistenza e funzione. La Rete ha prosperato perché le sue idee rivoluzionarie come i blog, Wikipedia e Google sono iniziate con pochi soldi e hanno attirato un pubblico enorme. Come potrebbero le piccole società, le start-up affermarsi in un’Internet a due livelli? Dall’altra parte i fautori del modello a due livelli affermano che tale sistema già esiste: i consumatori già oggi possono scegliere di utilizzare un servizio di dial-up più lento o pagare un prezzo premium per una maggiore velocità su cavo o Dsl.
A favore della neutralità della rete si sono schierati Amazon, eBay, Google, Intel, Microsoft, Skype, Vonagem, Yahoo, per citare alcuni, cionondimeno le grandi questioni in campo riguardano il cuore stesso della democrazia e dell’economia liberale. Libertà e progresso economico a vantaggio di tutti devono conciliarsi col profitto e la libera competizione economica. Insomma Internet non deve essere limitata, né come libero accesso ma neppure bisogna rinunciare ai nuovi sviluppi che essa presuppone e che richiedono, per esempio, un diverso utilizzo della banda.
L’unica certezza è che ci sarà sempre più domanda di data center, di spazi dove ospitare i dati. Una risposta potrebbe venire da una simbiosi tra modello Usa e modello europeo, con al centro un’idea di crescita e di sviluppo sostenibile. Penso agli Internet Exchange Point europei, una sorta di consorzio tra membri che collaborano tra di loro, più che clienti, ma rifletto anche sugli Stati Uniti dove il dibattito sui data center si sta focalizzando da un lato su temi come la tutela dell’ambiente e il risparmio energetico, dall’altro lato sull’indipendenza dei data center dai grandi carrier di telecomunicazioni. Dall’incrocio di questi paradigmi, tra questi modi di pensare, tra un’idea di economia più liberista e una più solidaristica, Internet continuerà a essere un volano delle economie liberali e del benessere delle persone e del loro arricchimento intellettuale.