Negli Stati Uniti la corte d’appello del District of Columbia dà ragione alla Federal Communications Commission (Fcc): il servizio di fornitura di Internet su banda larga si può considerare come un servizio pubblico o, come scrive il New York Times, “una utility, non un lusso” e quindi le norme approvate dalla Fcc sulla net neutrality, tanto contestate dalle telco, sono legittime. Il tribunale federale avalla così la politica dell’authority guidata da Tom Wheeler e apre definitivamente la strada a una maggiore regolazione delle aziende che forniscono la banda larga negli Stati Uniti e a maggiori protezioni per gli utenti del web.
La decisione è stata presa da un panel di tre esperti, con due voti favorevoli e uno contrario, della United States Court of Appeals for the District of Columbia Circuit, dopo che un gruppo di aziende del cavo e delle telecomunicazioni fisse e mobili hano fatto causa contro le regole approvate nel 2015 dalla Fcc che impongono di trattare tutto il traffico Internet allo stesso modo, senza bloccare, rallentare o dare preferenza ad alcuni contenuti rispetto ad altri. Le aziende telecom sostenevano che con questa normativa la Fcc fosse andata oltre le sue prerogative, legiferando laddove non ha autorità e approvando regole che di fatto danneggiano il loro business.
Il tribunale ha però confermato la definizione di broadband come utility che è alla base della normativa della Fcc sulla net neutrality: il servizio di banda larga è un bene di pubblica utilità cui gli americani devono avere uguale accesso e che non deve comportare alcuna discriminazione; per questo è richiesta una maggiore supervisione statale. Se fosse un bene superfluo, spiega il New York Times, la stretta supervisione governativa non sarebbe necessaria.
“La sentenza di oggi ribadisce che è nei poteri della Commission implementare le più forti protezioni possibili per Internet – sia su reti fisse che mobili – per garantire che Internet resti aperto, ora e in futuro”, ha commentato il presidente della Fcc Tom Wheeler.
La sentenza permette di inasprire i limiti sui fornitori della banda larga che già si sono visti imporre alcune restrizioni; per esempio, in base a nuove disposizioni sulla privacy per i provider della banda larga, aziende come Verizon e At&t non possono raccogliere e condividere dati sui loro abbonati.
In particolare, i giudici federali hanno sancito che le regole della Fcc sulla net neutrality valgono anche per i fornitori della banda larga mobile che, come la banda larga fissa, si può considerare alla stregua di una utility e quindi è passibile delle stesse regole anti-blocking e anti-discriminazione. Anche su questo fronte le telco mobili, come At&t e Verizon Wireless, si sono fieramente opposte.
“La decisione del tribunale è un’enorme vittoria per i consumatori”, ha affermato Gene Kimmelman, presidente dell’associazione Public Knowledge. “Assicura il diritto a un Internet aperto, senza gatekeepers”.
Naturalmente le aziende del cavo e delle telecomunicazioni non si piegano e sono intenzionate a far valere le proprie ragioni portando la battaglia legale fino alla Corte Suprema, come indicato, tra gli altri, dai rappresentanti di At&t. L’associazione di settore National Cable & Telecommunications Association continua a sostenere che sia più opportuno avere sulla banda larga e Internet una legislazione del Congresso, considerato più “bipartisan” e capace di tutelare tanto gli investimenti privati quanto i consumatori, anziché le regole della Fcc, e avverte: “Non è stata ancora detta l’ultima parola nel dibattito sulla regolazione di Internet”.