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Net neutrality, Fcc al voto: Internet servizio pubblico?

In corso la riunione con cui la Federal communication commission Usa deciderà sulle nuove regole. Con una novità: Google, finora osservatore silenzioso del dibattito, ha preso una forte posizione. Creando così una spaccatura nella Silicon Valley

Pubblicato il 26 Feb 2015

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Sulla net neutrality Google rompe il fronte compatto delle aziende della Silicon Valley. E guarda con molta attenzione alla decisione definitiva della Federal Communications Commission sulle nuove regole per la neutralità della rete negli Stati Uniti, che dovrà arrivare nelle prossime ore.

Il regolatore americano deve votare oggi (tarda serata per l’Italia) sulle nuove regole per la net neutrality messe nero su bianco dal presidente Tom Wheeler (con un forte sostegno di Barack Obama) che non solo vietano ai fornitori della banda larga di bloccare o rallentare il traffico web, ma chiedono la riclassificazione del broadband come servizio pubblico, assoggettandolo di fatto a un più pesante intervento regolatorio.

Mentre le telco e i fornitori del servizio di banda larga si sono, per ovvie ragioni, subito opposti alle regole proposte da Wheeler, le aziende di Internet sono da sempre favorevoli al principio del trattamento “uguale” per tutto il traffico della rete. Anche Google inizialmente era allineata con gli altri gruppi dell’hitech ma, col “radicalizzarsi” della proposta di Wheeler, ha cambiato atteggiamento sostenendo che le nuove regole potrebbero essere controproducenti proprio per i gruppi di Internet che tanto le hanno sostenute. Ha così intrapreso nelle ultime settimane un’azione di lobby, che negli ultimi giorni si è andata intensificando, per convincere Wheeler a rivedere i suoi piani.

Come spiega oggi il Financial Times, finora si è parlato di net neutrality in rapporto alla capacità del fornitore della banda larga di controllare l’erogazione di video e altri contenuti verso i terminali degli utenti, ma la lobby di Google sostiene che nel concetto rientra anche un altro tipo di relazione, quella informale a livello back-end tra il broadband provider e il content provider.

In una lettera alla Fcc di questa settimana, Austin Schlick, director of communications law di Google, ha messo in guardia i regolatori contro i rischi connessi con la creazione di una nuova classificazione per questo tipo di relazioni commerciali, quelle chiamate interconnessione o peering, e che attualmente sono quasi completamente non regolate. Secondo Schlick, una riclassificazione anche nel peering spingerebbe i fornitori del servizio di banda larga a farsi pagare non solo dai consumatori che ricevono il servizio di accesso a Internet, ma anche dai fornitori di contenuti per il trasporto dei loro dati – una pratica chiamata negli Usa “double recovery”; in pratica gli Isp si farebbero pagare su entrambi i lati dell’infrastruttura, da chi vi mette i contenuti e da chi li consuma. Google ritene che il regolatore rischi con le nuove regole di incoraggiare i fornitori del servizio di banda larga a farsi pagare da aziende come Google stessa e che ciò sarebbe una sconfitta per il principio della net neutrality.

“Si rischia di arrecare gravi e duraturi danni al circolo virtuoso dell’innovazione di Internet e di mettere seriamente a rischio ogni beneficio dell’adozione di regole sulla net neutrality”, ha scritto il legale di Google.

Google crea così una spaccatura dentro la Silicon Valley, le cui aziende hanno formato fronte compatto a favore delle regole volute da Wheeler. Un lobbysta di un’azienda tecnologica californiana dichiara: “E’ evidente che Google non sostiene davvero la net neutrality come si potrebbe pensare”. Secondo gli altri gruppi della Silicon Valley, Google oggi ha un potere enorme di negoziazione con i broadband provider che le permette di ottenere condizioni vantaggiose nell’interconnessione: se il regolatore si intrometterà con le sue regole, queste condizioni vantaggiose potrebbero venir meno.

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