TELCO USA

Net neutrality, la Fcc non cede alle telco: “Banda larga servizio pubblico”

Negli Usa respinta la petizione degli operatori che chiedevano la sospensione delle nuove norme che hanno riclassificato il broadband sotto il Title II. Ma la partita è ancora aperta

Pubblicato il 11 Mag 2015

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La Federal Communications Commission americana ha respinto la richiesta presentata da un gruppo di associazioni che rappresentano l’industria telecom e di grandi operatori Tlc degli Stati Uniti di mettere in stand-by le regole sulla net neutrality che riclassificano la banda larga come servizio pubblico. La Fcc, come noto, ha approvato a fine marzo la proposta del presidente Tom Wheeler di riclassificare la banda larga sotto il Title II del Communications Act, allineandola al regime vigente per le utility e di fatto sottoponendo la banda larga e i suoi operatori a un maggiore intervento regolatorio.

La Fcc ha spiegato che i firmatari della petizione – USTelecom, At&t, CenturyLink, Ctia-the Wireless Association e la Wireless Internet Service Providers Association – non hanno soddisfatto i criteri necessari per ottenere il rinvio dell’attuazione delle nuove norme, la cui entrata in vigore è prevista per la metà del mese prossimo. Tali criteri includono: provare che i firmatari hanno ottime probabilità di vincere mettendo le regole alla prova dei tribunali; che soffrirebbero danni irreparabili senza il temporaneo rinvio; o che nessuna terza parte sarebbe danneggiata dalla sospensione delle norme e che il blocco della normativa andrebbe a vantaggio del pubblico interesse.

La Fcc ha fin dall’inizio respinto con decisione le accuse degli operatori telecom, subito messi in allarme dalla decisione di riclassificare il broadband come utility. Le telco sostengono che la Commission non ha l’autorità per imporre questo tipo di regole, ma la Fcc si è detta sicura della legittimità della propria azione, anche perché il Congresso non è mai intervenuto per bloccare le sue decisioni, ed è convinta di reggere la prova dei tribunali.

La Fcc ha anche replicato alle accuse delle telco di agire in modo “arbitrario e capriccioso” indicando che le sue regole si basano su un’analisi dei cambiamenti nelle condizioni di mercato avvenuti negli ultimi anni, tra cui l’ampia diffusione della banda larga e l’affermazione di servizi di terze parti che sfruttano le reti Internet, con chiaro riferimento agli Ott.

Infine, la Fcc ha reagito alle minacce dell’industria che dice che si vedrà costretta a bloccare ogni investimento nei servizi Ip a causa delle nuove norme: per l’authority le giustificazioni delle telco sono “vaghe” e il danno potenziale “teorico”; inoltre non ci sono basi certe per stimare un concreto rischio per l’industria. Anzi, secondo la Fcc affermazioni fatte in passato dagli operatori telco suggeriscono che i consumatori sarebbero danneggiati senza precise regole sull’Open Internet e tali regole trovano il loro fondamento e la loro giustificazione nel pubblico interesse.

Il tentativo dell’industria di ottenere una sospensione della normativa è dunque per ora fallito; tuttavia sono già stati avviati una serie di procedimenti legali in diversi tribunali degli States che cercheranno di provare che le regole sull’Open Internet sono illegittime e vanno respinte.

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