Netflix non è più quella di una volta. Il mantra “all you can eat” sottinteso al tipo di modello è superato perché rimanda “a un’idea di quantità”. Ora “la battaglia sarà sulla capacità di creare grandi eventi con contenuto originale: è quasi un ritorno al lineare”. Parla Emilio Pucci, direttore di e-Media Institute e esperto di nuove Tv.
Pucci, come si presenta il mercato italiano agli occhi di Netflix?
Rispetto ad altri Paesi europei è un mercato difficile. Questo per due ragioni che si incrociano: innanzitutto non c’è un mercato del video on demand sviluppato (in Italia vale pochissime decine di milioni di euro ed è rimasto paludato nonostante gli sforzi di molti operatori). Questo stesso mercato ancora non sviluppato è però presidiato in maniera forte da operatori che si sono attrezzati in anticipo proprio per tagliare la strada a Netflix. Netflix arriva dunque con una forza di brand notevole e con accordi importanti ma non trova terreno facile. L’assenza poi della Tv via cavo e della Iptv e un numero limitato di televisori connessi, rende in salita la sfida di Netflix. Da questo punto di vista fondamentali sono gli accordi con gli operatori di telefonia.
Avrà successo a suo parere?
Netflix ha avuto un effetto forte sui mercati video-televisivi fra il 2011 e il 2013 (in quei Paesi dove era arrivato). Si pensi al mercato britannico dove ha “colto di sorpresa” Sky che era scettica rispetto allo sviluppo delle offerte pure-Internet. In quegli anni Netflix in un certo senso si è incuneato fra il mercato home video e quello della pay-Tv: non è apparso come un’alternativa totale alla pay ma ne ha disturbato la crescita. Ora questo effetto dirompente si è un po’ esaurito. Certo il richiamo del brand è forte ma può essere una trappola: la stragrande maggioranza degli utenti in Italia è convinta che su Netflix ci saranno tutti i film disponibili sul mercato in un’unica library. Pochi sono infatti al corrente della struttura a finestre di sfruttamento del mercato del film e pochi sanno che sono rimasti sulla finestra Svod italiana ben pochi titoli. Non pochi ma nemmeno tanti. Prevedo sul breve periodo un picco di iscrizioni al free trial (il periodo di prova gratuita) ma non tantissimi abbonamenti confermati e costanti. Poi sul medio periodo la differenza la faranno le serie originali e titoli dal richiamo “global” che saranno disponibili solo su Netflix.
In Francia non si è affermata molto.
In Francia è successo esattamente questo. L’arrivo di Netflix è stato preceduto da un grande clamore e un grande interesse. C’è stata una sorta di drammatizzazione un po’ come sta succedendo in Italia. Grande boom di iscrizioni al free trial ma poi alla fine dei conti gli utenti si sono accorti che l’offerta Svod di Netflix non era poi così diversa dalle altre presenti sul mercato. Non è stato un buco nell’acqua ma certo la portata innovativa sul sistema non si è vista.
Che errori deve evitare? E cosa deve invece perseguire per trovare consenso?
Netflix dovrebbe a mio parere rivedere progressivamente il suo posizionamento in termini di marketing communication. Non deve essere “la library dove si trovano tutti i film” ma la library dove oltre a tanti titoli si trovano serie esclusive. Questo Netflix lo sta facendo ma è ancora forte l’effetto che si porta dietro come apripista dello Svod che per anni è stato sinonimo dello “all-you-can-watch” rimandando a un’idea di quantità e dunque di numero di titoli. La battaglia sarà sulla capacità di creare grandi eventi editoriali con contenuto originale. Verrebbe da dire che è quasi un ritorno al lineare. Una sorta di “vendetta del lineare”: gli eventi editoriali sono infatti eventi su base temporale e ricordano la Tv lineare la sua capacità di creare eventi con la “messa in onda”. Netflix o le altre library dovranno creare questi eventi con la “messa a catalogo”.
Film doppiati o in originale?
Sia doppiati che in originale. La doppia scelta diventerà d’obbligo perché i Millennials vogliono avventurarsi sempre di più nel consumo in lingua originale abituati come sono a YouTube, Spotify, Vevo etc.