A Netflix manca un vantaggio competitivo sostenibile: scrive così Daniel Mauro, investment manager di Chicago, in una lettera al Financial Times in cui replica a un commento di qualche giorno fa firmato da Stuart Kirk. Kirk evidenziava la validità dell’investimento nei quattro colossi di Internet – Facebook, Amazon, Netflix e Alphabet – raccolti nella sigla Fang, ma per Mauro non è corretto associare Netflix agli altri tre.
I Fang sono i titoli dalle prestazioni più brillanti, tutti e quattro quotati sul Nasdaq: mediamente rendono il doppio degli altri titoli. Molti analisti – non solo Kirk – sono convinti che investire in Facebook, Amazon, Netflix e Alphabet (la capogruppo di Google) sia un modo sicuro di fare soldi perché queste quattro aziende detengono ciascuna un forte vantaggio competitivo nei rispettivi mercati: social media, e-commerce, video streaming e ricerca Internet.
Mauro scrive che Facebook e Google godono in particolare dell’effetto di rete, ovvero più si ingrandiscono più i loro servizi aumentano di valore e la minaccia di un eventuale competitor diventa irrilevante. Amazon, oltre all’effetto rete sul suo mercato di riferimento, ha sviluppato un’enorme rete di distribuzione fisica che è molto difficile da replicare, prosegue Mauro. L’analista non condivide tuttavia l’entusiamo su Netflix, che, scrive, non beneficia degli effetti di rete e non ha una sottostante massiccia infrastruttura che funziona da barriera all’ingresso di potenziali concorrenti. Infatti i concorrenti ci sono e potrebbero ridurre nel tempo la rilevanza di Netflix: Disney, Comcast, At&t, Apple, la stessa Amazon e altri ancora stanno sviluppando prodotti di streaming digitale che saranno dei concorrenti credibili per l’attività di Netflix.
Il colosso del video-streaming, che ha il vantaggio del “first mover”, potrà mantenere la leadership solo continuando a investire pesantemente sui programmi originali, lasciando ben poco cash per gli azionisti. Per Mauro, dunque, Netflix va tolto dai Fang: non potrà continuare a far felici i detentori del titolo. “Quando verrà scritta la storia del mercato azionario nella fase di rialzo post-crisi, sono sicuro che Netflix sarà citata come esempio di eccesso speculativo”, conclude l’analista.
L’editorialista del FT Kirk aveva definito Netflix (le cui azioni sono scambiate sui 370 dollari) “un trionfo dei nostri tempi”. I magnifici quattro (cui, dice Kirk, andrebbe aggiunta Apple per completare la rosa dei titoli più brillanti) valgono complessivamente 2.500 miliardi di dollari e dominano saldamente i loro mercati. Kirk vede le incertezze all’orizzonte per queste aziende, come la necessità di investire costantemente o le pressioni regolatorie, ma per ora le considera poco rilevanti di fronte alla potenza di fuoco dei quattro giganti; riguardo a Netflix, il mercato Usa è saturo e competitivo, ma il resto del mondo è ancora tutto da conquistare, osserva l’analista.
Per Kirk, insomma, le quattro stelle brilleranno ancora a lungo, mentre secondo Mauro una cocente delusione per gli azionisti di Netflix è probabile. Per quelli di Facebook la doccia fredda è già arrivata: i risultati trimestrali comunicati oggi sono sotto le attese, sia nei ricavi che nella crescita degli utenti; il titolo è sceso fino al 24% trascinando anche gli altri tecnologici.