In concomitanza con una diffusa rivalutazione delle infrastrutture e delle installazioni di rete esistenti da parte dei responsabili tecnologici delle aziende della regione Emea, si fa strada un tratto chiave della trasformazione digitale post-pandemia: il crescente interesse delle aziende verso il modello Network-as-a-Service (NaaS). A rivelarlo è un nuovo studio pubblicato da Aruba, società Hewlett Packard Enterprise (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), secondo cui il NaaS (definito nello studio come il modello in cui un’azienda affidi oltre il 50% del rollout, delle operazioni e della gestione del ciclo di vita di una rete aziendale a fornitori esterni sulla base di un abbonamento) è un concetto di cui il 95% delle aziende italiane sta oggi dibattendo, mentre è ormai frequente oggetto di discussione nel 39% di loro.
Efficienza finanziaria e flessibilità
Alla richiesta di indicare le ragioni di questo interesse, l’efficienza finanziaria è emersa come uno dei principali vantaggi previsti. L’80% degli intervistati si aspetta che il modello NaaS aiuti a ridurre i costi operativi mentre il 57% pensa che possa abilitare il passaggio da un modello Capex a Opex. Ma la flessibilità – sia in termini di rete sia di tempo dedicato da parte del team – è un altro fattore primario.
Tre quarti (70%) delle aziende concordano sul fatto che disporre della flessibilità per scalare la propria rete in base alle esigenze del business è un punto chiave alla base di questo interesse e il 70% la considera una potenziale soluzione per rivoluzionare il modo di gestire le attività. Allo stesso tempo meno della metà (40%) si interessa al modello NaaS per ridurre i livelli del personale IT, ritenendo che possa lasciarlo libero di dedicare tempo all’innovazione e alle iniziative strategiche (60%).
Ostacoli all’implementazione: processi interni e “incomprensione”
L’interesse che circonda NaaS è evidente. Sfortunatamente, il percorso che conduce alla sua implementazione è meno chiaro e la ricerca ha identificato una serie di ostacoli in questo senso. Ad una prima analisi sembra che i processi interni possano essere l’ostacolo. I leader IT italiani hanno identificato le regole di bilancio e cicli di investimento (47%), il reperimento del budget (50%) e la conformità con gli acquisti interni (46%) come esempi di possibili ostacoli.
Tuttavia, un’analisi più approfondita dei dati mette in luce un ostacolo più importante: una mancanza di comprensione complessiva di cosa implichi il modello NaaS. Anche se il 100% dei responsabili tecnologici italiani intervistati ha affermato di conoscere il termine NaaS, meno di un terzo (28%) ha ammesso di comprenderne appieno il significato. Anche tra le aziende Emea in cui NaaS è argomento frequente di discussione, solo il 46% dei responsabili tecnologici lo comprende completamente.
Questo gap di conoscenza è evidente anche nella percezione della praticabilità del modello NaaS. Il 9% dei responsabili IT considera il modello NaaS come una soluzione consolidata e percorribile; il resto lo giudica come un concetto alla ricerca di un mercato (39%) o una soluzione ancora agli inizi (52%).
“Necessario passare dalla consapevolezza alla conoscenza”
“Ora che stiamo uscendo dalla pandemia, la necessità di agilità e flessibilità nella gestione della rete è più grande che mai”, dichiara Morten Illum, vice president Emea di Aruba. “Sappiamo che il modello NaaS può garantire la flessibilità che serve alle aziende per superare la ripresa e andare oltre e per risolvere temi che vanno dalla sicurezza e dalla scalabilità alle limitazioni di budget e di personale. Tuttavia, affinché le aziende possano sfruttare tutte le potenzialità dell’approccio NaaS, dobbiamo concentrarci sulla distanza che ancora separa la consapevolezza dalla conoscenza”.