Dove toccano terra le nuvole? Dove si scaricano i fulmini? Nelle metafore degli esperti di reti i punti di contatto tra i blocchi della rete e il mondo reale si chiamano “network edge”. Sono punti importanti perché sono punti di presenza molto densi e veloci: appoggiarsi a specifici datacenter geolicalizzati, a delle content delivery network (CDN) particolari che però sono lontane da dove c’è richiesta di bit, è inutile e al limite dannoso.
Ecco perché il pensiero strategico su dove portare i network edge in futuro è molto rilevante. E la novità è che gli studi di questo settore identificano una strategia completamente diversa rispetto a quella seguita sino ad ora: da venti anni i mercati Tier 1 sono otto. Domani non più. Il punto è portare capacità di calcolo e archiviazione ai bordi della rete piuttosto che non al suo centro, per favorire la vicinanza con i grandi gruppi di consumatori, i cosiddetti “punti caldi”.
Secondo IDC l’approccio alla converged infrastructure porterà nel corso di quest’anno a una spesa di 17,8 miliardi di dollari. È un segnale di quanto il mercato scommetta su questa soluzione. I punti caldi del futuro? Si scommette su cento città che ancora non ci sono (o che sono minuscole) ma che in dieci anni supereranno i dieci o più milioni di abitanti.
Cina, India, ma anche America Latina, Sudest asiatico, spezzoni di Africa. Inurbamento a ritmi forzati, la tendenza di crescita è segnata e i bit contenuti nelle nuvole si stanno spostando là dove ci sarà il pubblico di consumatori del futuro.