“Nei giorni scorsi, il Governo ha recepito i piani di investimento futuri di tutti gli operatori privati sulla banda ultralarga; Telecom Italia ha esplicitato la propria volontà di sviluppare reti a banda ultralarga ftth/fttb nelle principali 40 città italiane puntualizzando l’impegno gia’ espresso nel piano. C’è da rimanere basiti a sentire critiche a privati che vogliono investire quando in tutto il mondo i paesi concorrono per attirare queste risorse. Questo è veramente il mondo alla rovescia!”.
Lo ha detto il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi, parlando al Foro di dialogo Italia-Spagna. “C’è chi pensa che non sono più i fondi pubblici a non dover essere di ostacolo all’iniziativa privata ma è l’iniziativa privata che deve essere disegnata per non interferire con i piani di altri operatori che per essere attuati necessitano di un sostegno pubblico. Tutto ciò ha del paradossale. L’inconsistenza di certe posizioni è tale da non poter nemmeno essere presa in considerazione”, precisa Recchi.
“I nostri obiettivi sono gli stessi del Governo: far crescere il Paese anche attraverso lo sviluppo e l’innovazione digitale e andremo avanti serenamente in questa direzione” ha proseguito il presidente di Telecom.
Nei giorni scorsi il presidente di Cdp, Franco Bassanini aveva giudicato insufficiente l’investimento di 500 milioni di euro previsto dal gruppo di telecomunicazioni per portare a termine gli investimenti nella banda larga indicando che Metroweb, partecipata attraverso il Fondo strategico, fara’ comunque la sua rete.
Parlando al Foro di dialogo, in una tavola rotonda sul Piano Juncker, Recchi ha aggiunto: “Il piano Juncker nella misura in cui funge da facilitatore in grado di attrarre capitali privati ‘dormienti’ e di farli confluire in progetti infrastrutturali europei è sicuramente molto positivo. E’ però importante sottolineare che le iniziative di intervento pubblico, affinché non sconfinino al di fuori dell’ambito per cui sono state pensate, devono riguardare aree in cui i soggetti privati non hanno investito e non intendono investire. Se così non fosse si rischierebbe di distorcere la concorrenza, spiazzare gli investimenti privati e di deteriorare le condizioni che spingono i soggetti privati ad investire”.