ACCORDO DI PARTENARIATO

Ngn e Agenda digitale: la Ue promuove l’Italia (ma con riserva)

In una lettera datata 7 luglio, che il Corriere delle Comunicazioni ha potuto visionare, l’Europa ha messo nero su bianco le osservazioni in merito al piano italiano su infrastrutturazione e servizi nell’ambito dell’Accordo di Partenariato. Cinque i rilievi sulle misure Ngn. E l’Agenda digitale resta nel mirino in attesa che entri nel vivo

Pubblicato il 21 Lug 2014

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La Commissione europea ha ritirato buona parte delle obiezioni scaraventate nel marzo scorso contro il piano di spesa italiano dei fondi Ue 2014-2020 per banda larga e agenda digitale. A testimonianza che le correzioni e le modifiche affrettate dal governo Renzi a valle della stroncatura piovuta da Bruxelles sulla prima bozza dell’Accordo di partenariato hanno in parte pagato. Ma nell’ultima lettera di osservazioni (datata 7 luglio) alla versione riveduta e ormai ufficiale dell’Accordo – versione che era stata trasmessa a Bruxelles in aprile–, l’Esecutivo comunitario esige ancora dalle nostre autorità diverse migliorie e chiarimenti sulla futura allocazione dei finanziamenti Ue nel quadro dell’obiettivo tematico 2. Quello appunto consacrato a Ict e infrastrutture digitali. La lettera reitera una linea abbastanza scettica sia nei confronti delle misure volte a garantire un livello sufficiente di coordinamento a livello centrale nella gestione dei fondi (leggi assenza di un Programma operativo nazionale ad hoc), sia sugli indirizzi del nostro piano nazionale banda ultra larga.

Innanzitutto, scrive secca la Commissione nella missiva che il Corriere delle Comunicazioni ha potuto visionare, l’Accordo di Partenariato “non contiene una strategia globale per affrontare le carenze in termini di infrastrutture, contenuti e servizi digitali”.

Nello specifico Bruxelles domanda all’Italia di chiarire il ruolo specifico del Fesr e del Feasr (rispettivamente, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) nel conseguire gli obiettivi sul digitale e di dare conto in maniera più trasparente dei criteri utilizzati per individuare le zone a fallimento di mercato interessate dai futuri interventi. A quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, la Dg Connect della Commissione europea aveva chiesto ai colleghi di Dg Regio (i capofila del procedimento) che nella lettera comparisse una raccomandazione a rafforzare l’entità della dotazione complessiva allocata alla banda larga, al momento giudicata troppo modesta. Ma alla fine questo rilievo è stato confinato al solo Feasr, di cui secondo Bruxelles l’Italia avrebbe previsto un impiego “molto limitato e insufficiente [..] per colmare le carenze di copertura di banda larga ad alta velocità nelle zone rurali”.

La Commissione segnala inoltre che “gli investimenti in infrastrutture Tic con una velocità inferiore a 30 Mbps non sono in linea con gli obiettivi di Europa 2020 e quindi non sono finanziati con fondi Ue”. Il riferimento è al fatto che l’Accordo contiene anche interventi relativi ai 2 Mbps che Bruxelles si rifiuta quindi di sussidiare.

L’Accordo di partenariato è al momento oggetto di un intenso negoziato tra Commissione e governo Italiano che, nonostante la persistenza di svariati rilievi da parte comunitaria anche sugli altri obiettivi tematici, dovrebbe comunque approdare senza intoppi maggiori ad una adozione ufficiale entro settembre. Venerdì scorso, a margine di un incontro bilaterale a Roma, il Commissario Ue per le politiche regionali Johannes Hahn e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, hanno fatto sapere in una nota congiunta di aver avuto un confronto “positivo e dettagliato” sul documento.

Nella lettera di osservazioni, la Commissione si dice anche “parzialmente soddisfatta” degli sforzi intrapresi dal governo per promuovere la diffusione di reti di nuova generazione, pur ricordando che “l’Italia presenta una bassissima copertura”.

Tuttavia la lettera continua a ritenere il piano nazionale banda ultra larga non “pienamente coerente con i criteri” enunciati nei regolamenti sui fondi europei. Sono cinque i rilievi mossi dalla Commissione nei confronti del piano Ngn:

1) non contiene un’analisi economica e nessuna evidenza della consultazione delle parti interessate (sia domanda che offerta)

2) non prevede meccanismi e/o criteri che consentano la selezione degli interventi più appropriati per ottimizzare le risorse pubbliche

3) non vi è alcuna gerarchizzazione delle misure in ogni contesto regionale che tenga conto dei pertinenti obiettivi di sviluppo

4) mancano informazioni sugli interventi programmati, il calendario, i costi stimati e le fondi di finanziamento (fondi pubblici e privati per ogni regione)

5) non riflette adeguatamente la più recente politica europea in materia di mercato unico delle telecomunicazioni e i profili del recente regolamento comunitario per la riduzione dei costi d’installazione della banda larga

Quanto alla nostra Agenda Digitale, la Commissione si riserva il diritto di valutarla quando “sarà finalizzata e operativa”. A marzo scorso Bruxelles aveva bocciato senza appello il capitolo sul digitale contenuto nella prima bozza dell’Accordo di partenariato che le era stata inviata in dicembre. Lo schema d’interventi previsti, secondo la Commissione, appariva ancora troppo frammentario e non includeva “l’affermazione di una regia nazionale”. Tra le altre cose, alle autorità italiane era stato imputato un eccessivo margine d’indeterminatezza sulle motivazioni, gli obiettivi e le tempistiche delle azioni per la banda larga.

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