Ma perché? È la prima domanda che ci viene in mente dopo aver letto il comunicato con cui Xavier Neil ha “chiarito” la sua posizione nell’azionariato di Telecom Italia in risposta ai quesiti della Consob.
All’altra domanda, “ma chi glielo ha fatto fare?”, ha risposto lui stesso: ha fatto tutto da solo, non sta operando portage per nessuno, sta agendo in prima persona, senza accordi con chicchessia, attraverso il fondo Rock Investment, che fa capo alla finanziaria NJJ Holding da lui controllata.
Ma il quesito fondamentale resta. Perché? Perché investire, sia pur a futura memoria, due miliardi di euro in azioni Telecom senza nemmeno diritti di voto da esercitare, almeno per ora? Definirlo un comportamento ”strano” è il minimo che si possa dire.
Ricapitoliamo. Il patron di Iliad e Free (rispettivamente secondo Internet provider e terzo operatore mobile in Francia) ha acquisito una posizione lunga pari al 15,14% del capitale di Telecom Italia, in più tranche da regolare per cassa o per azioni. La prima tranche scatta a giugno 2016, l’ultima a giugno 2017. Si tratta di obbligazioni di tipo “europeo” e che dunque non si portano dietro il diritto di voto, come sarebbe se fossero di diritto americano.
Non esistono, stando a quanto dichiarato alla Consob, patti fra il sottoscrittore dell’opzione e i possessori delle azioni (rimasti nell’ombra) che prevedano la cessione anticipata del diritto di voto. E nemmeno è prevista una qualche possibilità che Rock investment influenzi l’esercizio di quei diritti di voto alle prossime assemblee.
In altre parole, Niel ha opzionato il 15,14% del capitale di TI per non contare nulla. Almeno per ora. Tra l’altro, non conterà nulla nemmeno alla prossima assemblea di bilancio di primavera che potrebbe essere l’occasione di un rimescolamento di carte anche a livello di composizione del cda e magari del management.
Spendere per non contare? Si è visto assai poco in passato. Anche perché Neil mastica molto di finanza, ma è soprattutto un imprenditore. E un imprenditore delle Tlc che in Francia ha saputo sfidare l’incumbent con due veri successi industriali quali Iliad e Free.
Continuiamo a faticare a credere che Niel abbia messo in TI una chip da due miliardi (pur spostando nel futuro l’esborso in cash o azioni) solo perché crede nella crescita del valore del titolo. Non convince che uno come lui, proprio perché di Telecom si tratta, si sia semplicemente limitato a scommettere sullo spread fra il prezzo d’acquisto dell’opzione e quello di vendita quando sarà il momento di esercitare le varie call. A meno di non puntare su prossimi clamorosi sviluppi, oggi imprevedibili a meno di non avere sfere di cristallo o informazioni riservate (ma in tal caso ci sarebbero parecchi problemini, anche legali).
Insomma, i chiarimenti alla Consob sono arrivati. Peccato che assieme alle certezze abbiano fatto aumentare i dubbi. Soprattutto quello principale: perché? Se non la Consob, qualche altro dovrebbe cominciare a chiederglielo.