Da “semplice” fornitore di connettività a provider di servizi per l’utenza business. È la nuova scommessa di BBBell, operatore wireless multiregionale attivo in Piemonte e Liguria. Della strategia ne parliamo con l’Ad Simone Bigotti.
Bigotti, BBBell ha una lunga e consolidata tradizione sul fronte connettività wireless. Come mai la scelta di puntare anche sui servizi?
La scommessa servizi è uno dei pilastri del nuovo piano di sviluppo che si caratterizza per un focus specifico sull’utenza business che intendiamo supportare nel percorso di digital transformation. Percorso nel quale la connettività, veloce e affidabile, è certamente elemento necessario ma non sufficiente: a questa infatti vanno affiancati servizi in grado di abilitare la trasformazione. Questa la “filosofia” che ha animato la nostra scelta.
Che tipo di offerta avete predisposto?
In primis un HotSpot Wi-Fi con captive portal per garantire un accesso semplice e immediato alla rete internet in qualsiasi ambito. Sul fronte dei servizi a valore aggiunto, abbiamo sviluppato BBVoicy, il centralino “virtuale” comprensivo di tutte le funzionalità più avanzate già presenti nei tradizionali sistemi telefonici, BBCons che consente la conservazione a norma dei documenti, sistemi di videosorveglianza integrati e personalizzati per i diversi territori e le diverse esigenze di monitoraggio, con prestazioni ad altissima qualità e con possibilità di controllo da remoto. Ora stiamo per “immettere sul mercato” una suite di servizi di Cloud, IaaS, Server virtuali, Disaster, Recovery, etc. che, grazie alla nuova Server Farm BBBell, saranno disponibili a tutti i nostri clienti per sfruttare appieno le potenzialità che una connessione stabile, veloce e simmetrica offre loro.
BBBell non è più solo operatore wireless: avete firmato un importante accordo con Open Fiber per portare l’Ftth nelle aree urbane. Come si iscrive questo accordo nella vostra strategia di espansione?
BBBell resta principalmente un operatore wireless ma intendiamo completare la nostra offerta Tlc affiancando ai servizi wireless quelli in fibra ottica soprattutto nelle aree urbane, dove la tecnologia “senza fili” è meno applicabile. Puntiamo a diventare operatori di telecomunicazione a 360° in grado di offrire soluzioni sulla base delle esigenze del cliente e che tengano conto della conformazione orografica del territorio in cui operiamo: wireless nelle zone in digital divide – quelle che nel Piano BUL vengono definite C e D – e fibra in modalità Ftth nelle aree urbane densamente popolate.
Siete un operatore multiregionale. C’è l’intenzione di guardare oltre e, magari, puntare ad espandervi nel resto del Paese?
Guardi, teniamo molto alla nostra connotazione “territoriale”. Crediamo che un provider, in special modo oggi con la rivoluzione 4.0 alle porte, non debba limitarsi ad offrire servizi ma garantire supporto su misura del cliente. Ecco perché, ad esempio, non utilizziamo call center per l’assistenza ma permettiamo di comunicare direttamente con i nostri uffici. Vogliamo essere un punto di riferimento per il territorio e questo può accadere solo se ci restiamo sul territorio. Tutto questo ci permette di aumentare la qualità della nostra offerta complessiva e sfilarci dalla pericolosa guerra dei prezzi che affligge il settore.
Ha fatto cenno al Piano banda ultralarga. Quale è il vostro giudizio sul programma di roll out delle reti di nuova generazione?
Se non avessimo creduto, fin dall’inizio, alla necessità di dotarsi di un piano siffatto, non avremmo firmato l’accordo con Open Fiber. Tuttavia qualche criticità esiste.
Ovvero?
L’obiettivo di portare l’Ftth anche nei cluster C e D rischia di rimanere sulla carta per due motivi: o perché finiscono le risorse o perché la domanda non è sufficiente. L’Ftth è una tecnologia che si confà in particolar modo all’utenza residenziale che vuole connessioni veloci, tipicamente, per guardare i video o ascoltare musica. Servizi di cui si può fruire agevolmente anche con il wireless, ad esempio. In questo quadro sarebbe più sensato ed efficace portare la fibra fino alle torri e poi distribuire la connettività fino all’abitazione con tecnologia wireless, almeno nelle zone in digital divide, cosa che peraltro facciamo già da oltre 15 anni.