L’importanza della motivazione e della “progettazione delle aspettative”, ma anche un programma sociale per arricchire il benessere della propria comunità e completare il percorso personale di ogni innovatore tramite la trasformazione delle idee in concreti strumenti di sviluppo. Sono queste secondo Tiffany Norwood, rappresentante del fondo americano di venture capital Rothenberg Ventures, gli ingredienti della migliore ricetta per incentivare la creazione e lo sviluppo di idee innovative.
La pioniera americana dell’innovazione è stata ospite, durante la tappa romana del suo viaggio, dell’evento “Investire nell’innovazione“, momento di dibattito sullo stato delle politiche intorno agli investimenti nel mondo delle startup, ospitato dal Centro Studi Americano lo scorso 16 marzo.
L’incontro è stato aperto da Fabio Pompei, manager in una importante azienda di telecomunicazioni, che ha effettuato una panoramica generale del mondo italiano delle startup, ricordando i numerosi servizi digitali lanciati negli ultimi anni e in grado di migliorare la nostra vita quotidiana. Ad esempio, le app elimina code o i servizi di car-sharing o quelli dedicati più in generale alla mobilità. Ma anche alla cultura, come Musei 2.0, l’app pensata per rendere immediatamente fruibile il patrimonio artistico della Capitale grazie alla tecnologia applicata ai device dei visitatori (smartphone o tablet), che sfrutta i Qr Code.
Presenti all’evento importanti rappresentanti delle istituzioni, come Vito Cozzoli, capo di Gabinetto Mise e Presidente dell’Associazione Amerigo, che raggruppa gli Alumni dei Programmi di Scambio del Dipartimento di Stato Americano. Cozzoli ha ricordato l’impegno del dicastero dello Sviluppo economico nel supportare l’ecosistema 2.0: “Abbiamo avviato bandi per 400milioni di euro e, con Manifattura Italia e con i programmi sulle Smart City, verranno stimolate ancor più le imprese. È la prima volta che viene assegnata una delega specifica sulle Smart City”.
L’ex consigliera di Roma Capitale Michela Di Biase ha invece evidenziato il caso di successo del car sharing a Roma, città che soffre di problemi di mobilità: “L’innovazione oggi è parlare di startup. Occorre, però, innovare anche nel senso di migliorare le esperienze che già esistono, come accaduto, ad esempio, per il laboratorio Scenografico del Teatro dell’Opera di Roma, che è riuscito a coniugare vecchi mestieri con le più avanzate tecnologie”. Di Biase ha inoltre ricordato come sia ancora troppo contenuto il livello di startup legate al mondo femminile “il 12, 5% del totale”.
Del mondo delle startup è intervenuta Laura Mirabella, managing director uFirst, l’app gratuita che permette di evitare la fila in diversi luoghi in tutto il mondo grazie all’acquisto di un pass: “Le startup sono un modo di fare impresa, mettendo a fattor comune le singole esperienze. Il governo sta facendo molto sul fronte dell’innovazione, mentre si registra ancora titubanza quanto al ruolo dei capitali privati, dei capitali di rischio e ciò comporta una marcia ridotta sul fronte dell’innovazione italiana”.
Domenico Arcuri di Invitalia ha poi fornito dati sulla natura e sulle caratteristiche dell’innovazione italiana, rimarcando come sia necessario raccontare l’innovazione e il mondo delle startup, ma come sia fondamentale chiarire che l’innovazione “rappresenta un mezzo e non un fine”. Il progetto Smart&Start Invitalia ” sostiene la nascita e la crescita delle startup – ha ricordato Arcuri – e ha all’attivo il finanziamento di 653 imprese innovative, la concessione di agevolazione per 181 milioni, 2852 posti di lavoro creati“.
Infine, in veste di Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet (IAIC), il professor Alberto Gambino ha focalizzato la sua riflessione sul valore del codice dell’Internet, intenso come governo della rete: “Il codice di internet permette di comprendere cosa ci sia dietro le scelte, le dinamiche, le strategie di governo che presiedono la rete e le misure concrete che, in termini di innovazione, entrano nella vita reale di ciascuno. L’Italia ha un enorme potenziale costituito dalla sua millenaria storia e cultura. Digitalizzare l’intero patrimonio culturale italiano accrescerebbe la qualità della rete, permettendo di condividere con il resto del mondo un unicum di saperi di straordinaria valenza, paradigma di sviluppo mondiale”.