Ancora nessuno ha osato proporre una teoria simile alla legge di Moore per il lavoro, eppure è curioso come in epoca digitale ogni cinque o sei anni emergano almeno una decina di nuove professioni, prima sconosciute, che surclassano le precedenti e centrate su nuove competenze e nuovi ruoli operativi. Nei primi anni Duemila è stata la volta dei Web designer, degli esperti di marketing online o dei programmatori Php. Oggi la rivoluzione dei mestieri digitali continua, sempre seguendo la tradizione anglofona nel definire le nuove professioni, ma aggiunge un pizzico d’indipendenza al lavoro, un po’ di salsa social al piatto e più di una sorpresa in materia di compensi e retribuzioni.
Si va dal social media manager al data scientist, dallo storyteller al digital strategist, dal Seo/Sem specialist allo sviluppatore di App, dal content curator al Web designer per siti responsive. In termini assoluti le loro richieste non superano certamente le professioni più classiche che dominano il mercato del lavoro IT e che sono oggi – secondo alcune ricerche sul mercato italiano – principalmente legate al ruolo di programmatore Java o .Net, analista funzionale Sap, esperto Oracle, sistemista Linux, direttore dei sistemi informativi o responsabile della sicurezza IT. Sono, però, figure emergenti. Operano ai margini di funzioni come il marketing, la comunicazione o l’IT e stanno gradualmente guadagnando consensi e un ruolo interno nell’organigramma aziendale.
È il caso del digital strategist, che può anche assumere una posizione di vertice come dirigente con il titolo di Digital Information Officer. È una figura di tendenza e ricercatissima nel mondo dell’executive search, considerata una via di mezzo tra un responsabile delle Operations e un Cio. Guida i processi di migrazione d’impresa verso il mondo delle tecnologie digitali e verso una cultura aziendale e strumenti “2.0” per la produzione, distribuzione e vendita di prodotti e servizi. È ben remunerato, così come è ben pagato lo sviluppatore di app, primo e più ricercato esperto, invece, nel segmento del mobile, attesta Linkedin. L’app developer lavora spesso in maniera indipendente (affiancato talvolta da un esperto di database), arrivando a guadagnare cifre da capogiro. Con un’app di successo, per esempio nel mondo del gaming, può mettersi in tasca anche qualche milione di euro in tempi rapidissimi. Il fatto curioso è che si tratta quasi sempre di figure molto giovani, under 30, senza grande esperienza di lavoro in azienda e una formazione autonoma. Le imprese li cercano, considerandoli spesso più talentuosi guru degli smartphone da impiegare a termine che programmatori da immettere in un ciclo continuo di produzione.
Più orientati verso il mondo aziendale, invece, sono i community manager, i social media manager e gli storyteller. Fanno tutti parte di una medesima famiglia professionale, ma con sfumature diverse a seconda delle competenze. Di estrazione quasi sempre umanistica, si occupano di guidare comunità in aree Web o sulle intranet aziendali, oppure di comunicare verso l’esterno attraverso i social media, pagine Facebook aziendali o Twitter. Mentre per i manager di comunità e di social media esiste una certa continuità e un legame storico con il marketing e la comunicazione, per lo storyteller è diverso. È una figura nuova, più vicina al copywriter o al pubblicitario. Viene impiegato in attività di branding online e gestione della comunicazione di eventi. Traccia percorsi di comunicazione, raccoglie e rielabora tendenze e contenuti sulla base di canali social. Talvolta si sovrappone e affianca il curatore di contenuti (Web content manager), figura meno esposta sui social e più sul fronte classico dei blog e siti aziendali.
Altre figure emergenti, infine, sono quelle degli esperti Seo e i data scientist. Entrambe trattano numeri. I primi perché devono farli lievitare sui siti dei propri clienti: grazie a tecniche di ottimizzazione per i motori di ricerca e campagne di marketing ad hoc catturano i visitatori aumentando l’effetto attrattivo di un brand, di un sito o di un’iniziativa basata su Internet. Il secondo, tra i più ricercati in rete, è invece un “matematico dell’informatica”. Analizza le informazioni provenienti dalla rete o da altre fonti e trova correlazioni e modelli d’interpretazione dei dati per assistere il business e suggerire nuove linee di sviluppo. È richiesto nel mondo della finanza e delle Tlc, in quello del gaming e nel segmento dell’e-commerce. Ha un background universitario, ama giocare con database e linguaggi di programmazione e viene considerata la figura chiave del futuro, quando per fare business sarà sempre più necessario districarsi tra i big data.